Milano - Tecnicamente parlando: balle. Tali sono le dichiarazioni rese dall’escort Nadia Macrì, prima ad Annozero e poi ai pm milanesi del «Rubygate», almeno nella parte più esplosiva: quella in cui la Macrì raccontava di essere stata presente ad Arcore, nella villa di Silvio Berlusconi, il 24 aprile scorso, e di essere stata testimone di un incontro a luci rosse tra il presidente del Consiglio e «Ruby Rubacuori», alias Kharima el Mahroug. Per l’indagine poteva essere la «pistola fumante», la prova cruciale: per la prima volta sembrava entrare in scena un testimone oculare dell’unico episodio penalmente rilevante delle feste di Arcore, il contatto ravvicinato tra il premier e «Ruby», allora minorenne. Ma il testimone oculare ha già fatto marcia indietro. Incastrata dai tabulati del suo telefono cellulare, che dimostrano come quella notte fosse da tutt’altra parte, Nadia Macrì ora dice di avere «fatto confusione» con le date. Ad Arcore, ribadisce, c’è andata. Non il 24 aprile, però: qualche settimana dopo, verso la metà di maggio, quando Ruby non c’era. Ai microfoni di Reggionline, in serata, la Macrì cerca qualche specchio su cui arrampicarsi: «Quella che ho visto non era Ruby ma una ragazza marocchina che quella sera faceva la danza del ventre».
Che la credibilità di Nadia, la ragazza di Reggio Emilia autoproclamatasi supertestimone, fosse messa in dubbio dalla stessa procura, lo si era intuito già dopo il primo interrogatorio, venerdì scorso. La Macrì era rimasta cinque ore davanti al procuratore aggiunto Pietro Forno e al sostituto Antonio Sangermano. Ma subito dopo la Procura aveva avviato una verifica dei suoi spostamenti nel periodo «caldo» dell’inchiesta. Due giorni di lavoro, nel week end, sono stati sufficienti a verificare che la aspirante show girl il 24 aprile non era dove aveva giurato di essere. Ieri, Nadia Macrì viene riconvocata in Procura, stavolta nell’ufficio del pm Sangermano. E le sue contraddizioni saltano fuori. Cosa accadrà, adesso? I verbali di Nadia non finiranno, ovviamente, nel malloppo della pubblica accusa. La rapidità con cui la Procura milanese ha voluto passare al vaglio e smontare le dichiarazioni della ragazza non è stata casuale: Edmondo Bruti Liberati e i suoi pm hanno vissuto l’irruzione della Macrì sulla scena come un pericolo per la credibilità dell’intera inchiesta. Hanno voluto rimarcare la differenza tra le testimonianze doc, e quelle inattendibili. L’inchiesta, dicono i magistrati con le loro mosse di questi giorni, non ha bisogno di una Macrì qualunque per portare Berlusconi a processo.
In questo scenario, si apre adesso una questione non da poco: che fine farà Nadia Macrì? Teoricamente, la giovane potrebbe venire incriminata per falsa testimonianza. Ma è anche possibile una soluzione più soft: se i pubblici ministeri concedessero alla escort il beneficio della buona fede, la Macrì potrebbe uscire di scena senza troppi danni. La scelta sarà oggetto di una riflessione all’interno del «pool», nei prossimi giorni. Se Bruti & C. si convinceranno che la Macrì è una sorta di caso umano, una fanciulla con ansie da protagonismo, una fantasia galoppante e una memoria incerta, allora saranno, nei limiti del possibile, indulgenti.
Ma se invece accerteranno che si è trattato di una «polpetta avvelenata», ovvero di un tentativo deliberato di inquinare l’inchiesta e di minarne la credibilità, allora la Macrì finirà dritta filata nel registro degli indagati. E i guai per la bionda, a quel punto, sarebbero solo agli inizi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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