Barbara Catellani
Sarà perché «Madama Butterfly» sempre va incontro ad un successo sicuro, sarà perché la regia Scotto-Montresor è di grande impatto visivo ed emotivo, fatto è che lo spettacolo giovedì sera al Carlo Felice non è mancato; e nemmeno la spettacolarizzazione. Del resto Puccini in questo era maestro in grado di toccare con profitto il ganglio umano più nascosto e vulnerabile. Poi la direzione del Maestro Oren, frenetica o impetuosa che sia, è immancabilmente trascinante, un supporto sonoro ed emozionale notevole e mai scontato, con rarissimi cali di tensione e che mai tocca la banalità. Un finale d'opera, quello che va dal coro a bocca chiusa all'atroce suicidio, forte, reso con altissima efficacia drammatica; la presa di coscienza della protagonista, il suo definitivo ed orgoglioso ritorno alla legge degli avi, abiurata e disprezzata in nome di falsi dei e soprattutto del falso dio Pinkerton, è stata interpretata con passione e sensibilità da Micaela Carosi, che in questo straziante epilogo ha trovato terreno ideale per la sua vocalità.
La luce in scena è personaggio: più statica ed irreale nel primo atto, a circondare tante figurine da paravento, un piccolo presepe giapponese con tratti quasi fantastici; gradualmente più dinamica, accompagna la presa di coscienza di Butterfly, che diviene intensamente umana, totalmente scollata dalla realtà che la circonda. E così la luce, che raggiunge il suo culmine nell'esplosione bianca e accecante della morte straziante della donna - perché tale è ormai - da fanciulla illusa che era.
Butterfly ha una forza così travolgente da mettere in secondo piano tutti gli altri, che nella fattispecie però si sono riscattati decorosamente almeno sul piano vocale. Vincenzo La Scola, Pinkerton forse un tantino aggressivo piuttosto che ingenuo e frivolo giovane militare americano, ha comunque imposto il suo timbro energico e di sonorità intensa; Gabriele Viviani, splendida voce, Sharpless arguto, anche lui più efficace nel corso del secondo atto, Francesca Franci, ottima Suzuki, con spiccata personalità; Mario Bolognesi, Goro di buona presenza scenica, purtroppo sempre troppo lontano dal proscenio per una resa ideale dell'intensità della voce; buone infine e convincenti le parti secondarie.
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