La Madonna bionda che finì mummificata

La sua imbalsamazione fu un vero capolavoro E consentì ai suoi umili «fan» di continuare ad adorare per giorni la loro benefattrice, uccisa dal cancro a trentatré anni

La mummia aveva un aspetto splendido. L’impressionante magrezza scavata dall’agonia era scomparsa. Sul volto della «Madonna degli umili» raggiava la magnificenza che in vita aveva conquistato le folle. L’imbalsamatore contemplò compiaciuto il suo lavoro. Non a caso le autorità si erano rivolte a lui per la delicata incombenza. Il dottor Ara era stato, infatti, tra i mummificatori di Lenin e godeva di grande prestigio.
Il procedimento seguito era di sua invenzione. Nella salma era stata iniettata attraverso la carotide una soluzione di formalina. Poi il corpo era stato appeso a un gancio per i piedi in modo da fare scendere liquido nel sistema circolatorio. Fu lasciato alcuni giorni in questa posizione, prima di essere agghindato maestosamente per l’esposizione. Il medico fece tutto da solo per mantenere il segreto attorno alla sua magica formula. Era un tipo bizzarro e, per il metro comune, un po’ pazzo, tanto che sullo scrittoio del suo studio teneva per pubblicità la testa imbalsamata di «un povero» i cui resti nessuno aveva reclamato.
Un corteo di uomini e donne lungo due chilometri sfilò per quindici giorni davanti alla mummia preparata da Ara. La Madonna era stata rivestita di un abito bianco e composta in una cappella piena di fiori. Rimase così visibile in una teca per alcuni anni. Poi, per un cambiamento del corso politico, la morta divenne imbarazzante. Il ricordo della Nostra era ancora forte nel popolo e il nuovo regime voleva cancellarlo. Fu un prete italiano a risolvere la situazione. Si caricò il feretro e lo trasferì in Italia. Due settimane dopo era di ritorno e consegnò al governo una lettera sigillata con le coordinate della nuova sepoltura. Il tutto rimase avvolto nel segreto.
I fan della Madonna rivolevano però il corpo. Erano tipi decisi e armati, arcistufi dei silenzi dell’autorità. E agirono. Il capo del governo fu rapito e rinchiuso in una prigione del popolo. Interrogato per le spicce, il politico rivelò diversi segreti di Stato ma sul luogo dell’inumazione fu vago. Disse solo che «c’era di mezzo il Vaticano e che bisognava cercare a Roma». Per punirlo della reticenza, il prigioniero fu giustiziato. Il suo successore decise di chiudere la faccenda. Mandò dei plenipotenziari in Italia per recuperare la salma. Il prete che si era occupato della sepoltura era nel frattempo morto, ma gli inviati riuscirono egualmente a localizzare la tomba. Era nel cimitero di Milano. Risultava intestata a una vedova italiana emigrata in America e sepolta nel 1956. Ma era quella della Nostra, sotto copertura. La bara fu trasferita in Spagna dove, caduto in disgrazia, aveva trovato rifugio il marito che si era intanto risposato con Maria Martinez. Solo dopo alcuni anni, col rientro in patria dell’uomo, la risalita al potere e la sua morte, il corpo della Madonna degli umili poté rientrare in America per ordine della Martinez diventata capo del governo. Sottoposta a un accurato restauro imbalsamatorio, indispensabile dopo tante traversie, la mummia fu di nuovo mostrata al popolo giubilante. Infine, a metà degli anni Settanta, fu presa in custodia dalla sorella che la inumò nella tomba di famiglia. È lì tuttora, con una semplice lapide che ne riporta nome e cognome.
La Nostra ebbe altrettante avventure in vita che da morta. Fu l’ultimogenita di cinque illegittimi che un proprietario terriero ebbe dalla cuoca di casa. L’uomo rifiutò poi sempre di sposare l’amante proprio perché... aveva già una famiglia! La ragazza crebbe bellissima con l’idea di diventare attrice e il sogno della ricchezza. Si mise presto alla ricerca di un buon partito. Ci provò con direttori di aziende, grandi proprietari, divi. Finché ebbe il colpo di fulmine per un politico divorziato di 24 anni più anziano. Costui, ammiratore di Mussolini, aveva trascorso due anni in Italia nell’anteguerra per studiare da vicino il fascismo. Quando si impadronì del potere, imitò il suo idolo ormai passato a miglior vita. La Nostra gli fu al fianco come first lady. Fu adorata dal popolo perché era lei la prima ad amarlo. Viveva nel lusso più sfrenato, ma passava il tempo tra i bisognosi per alleviarne le condizioni e elargire denaro. Si batté per il voto alle donne, la costruzione di case ai senzatetto, il benessere degli anziani. Soprattutto, pensava a migliorare la vita dei bambini. Faceva uno strano effetto vederla luccicante di gioielli come una fata e china fra marmocchi cenciosi. Ma era proprio questo contrasto a entusiasmare e a darle un’aria di Madonna. La domenica mattina, come il papa in San Pietro, si affacciava al balcone della Presidenza, vestita e pettinata come una regina del rinascimento, con la folla che la acclamava. Per mantenersi bella, adottò una dieta al limite dell’anoressia. Quando le fu diagnosticato un tumore all’utero, la trentatreenne rifiutò di operarsi. Non poteva stare a letto, disse, perché il popolo aveva bisogno di lei.

Il cancro la ridusse uno scheletro, al punto che il marito rifiutava di vedere l’ammalata. Il pusillanime non volle affacciarsi nella stanza neppure quando morì. Ci entrò invece il dottor Ara, stropicciandosi le mani.
Chi era?

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