Non era certamente nelle intenzioni di Benedetto XVI, ma la sua odierna visita a Madrid per la Giornata mondiale della Gioventù ha un vago sapore di rivincita. Per combinazione il viaggio, programmato da tempo, segue infatti solo di poche settimane la decisione del premier Zapatero, forse il più tenace avversario della Chiesa cattolica che la Spagna abbia avuto dai tempi della guerra civile, di indire elezioni anticipate e ritirarsi addirittura dalla politica. Se, alle origini di questa decisione, c’è soprattutto la crisi economica, accompagnata da una disoccupazione giovanile del 45% e dall’ingresso della Spagna nella schiera delle nazioni a rischio default, anche la politica di aperto scontro non solo con le gerarchie ecclesiastiche nazionali, ma con lo stesso Vaticano hanno alla lunga contribuito ad affossare «Bambi». Sotto la sua regia, la Spagna, fino a vent’anni fa roccaforte del cattolicesimo europeo, si è trasformata in uno dei Paesi più laici, compresa la legalizzazione delle unioni gay. Invano le masse di credenti hanno tentato, anche con manifestazioni di piazza cui hanno partecipato milioni di persone, di fermare il governo. Invano il Partito popolare ha cercato di opporsi in Parlamento a leggi che ripugnavano alla coscienza dei cattolici e sovvertivano tradizioni secolari. Ma adesso, come ha sottolineato ieri in una intervista all’Avvenire l'ex primo ministro Josè Maria Aznar, il vento è cambiato: «La Spagna - ha detto, ha reagito al gioco pericoloso di chi voleva dividere la società addirittura cercando di mettere in contrasto i credenti con i non credenti» e promuovendo «un laicismo aggressivo». Il risultato, ha concluso «è che non solo il cattolicesimo non è stato danneggiato, ma in buona parte si è rafforzato, come si notarà alla Giornata mondiale della Gioventù».
Se la Gmg sarà un evento di portata mondiale, con centinaia di migliaia di ragazzi arrivati dai cinque continenti, fornirà anche - secondo Aznar - una grande occasione ai giovani spagnoli per fornire di sé una immagine «migliore, e senza dubbio più verace» di quella offerta dagli «indignados», che hanno riempito le piazze nelle scorse settimane con confuse rivendicazioni anarcoidi. Sarà una «festa dell’orgoglio cattolico», certamente utile per rilanciare i valori calpestati nei sette anni di Zapatero, ma anche per lanciare alla grande la campagna elettorale del Partito popolare per le elezioni politiche di novembre, che lo vedono in vantaggio nei sondaggi, ma forse non abbastanza per conquistare quella maggioranza assoluta indispensabile per introdurre le radicali riforme previste dal suo programma: liberalizzazione del mercato del lavoro, abbattimento delle tasse sulle aziende e stretta sulla immigrazione clandestina (su cui il PP non è proprio in sintonia con la Chiesa).
Nelle elezioni amministrative del 22 maggio, i popolari avevano ottenuto una vittoria schiacciante, sopravanzando i socialisti di dieci punti e ottenendo il controllo di quasi tutte le regioni. Da allora il PSOE, che aveva perduto d’un colpo un quinto dei suoi voti, si è affidato al ministro degli Interni Rubalcaba e ha recuperato una parte del terreno perduto.
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