Mafia, assolto Mannino: "Finalmente giustizia"

Il tribunale di Palermo ha assolto dalle accuse di concorso in associazione mafiosa l'ex ministro Dc e ora senatore Udc Calogero Mannino. Che gioisce: "Giustizia è fatta, sono stati 16 anni lunghi e difficili"

Mafia, assolto Mannino: "Finalmente giustizia"

Palermo - Assolto Calogero Mannino. L'ex ministro, oggi senatore Udc, era accusato di concorso in associazione mafiosa davanti alla Corte d'Appello di Palermo. Il pg Vittorio Teresi, lo stesso magistrato che ha rappresentato l’accusa nel primo grado, aveva chiesto la condanna a otto anni di carcere. Condannato invece il Comune di Palermo, che si era presentato quale parte civile al processo, a pagare le spese del giudizio. Alla lettura della sentenza l’imputato non c’era. Presente, invece, il figlio Salvatore.

Camera di consiglio Il collegio presieduto da Claudio Dall’Acqua e composto da Salvatore Barresi e Flora Randazzo, era entrato in camera di consiglio intorno alle 10.30. Nei confronti di Mannino, che rispondeva di concorso in associazione mafiosa, il sostituto procuratore generale Vittorio Teresi aveva chiesto la condanna a 8 anni, proponendo ai giudici l’assoluzione per i fatti commessi fino al 1981. I difensori, gli avvocati Salvo Riela e Grazia Volo, avevano chiesto invece l’assoluzione completa. Mannino fu assolto in primo grado, il 5 luglio 2001, condannato in appello a 5 anni e 4 mesi (l’11 maggio 2004) e la Cassazione, il 12 luglio 2005, annullò con rinvio la sentenza. La decisione fu adottata dalle sezioni unite e il provvedimento è diventato una pietra miliare nella valutazione del "concorso esterno".

Mannino esulta "Sono stordito...". Questo il primo commento a caldo di Mannino. "Finalmente, dopo 16 anni, dopo 16 lunghi anni, provo un senso di liberazione, 16 anni sono davvero troppi. Era un processo che non andava celebrato". Poi il senatore parla della sentenza di assoluzione di primo grado: "Già in quella sentenza i giudici avevano messo le cose in chiaro. Avevano concesso all'accusa ciò che dovevano concedere, tracciando la linea tra la responsabilità e la non responsabilità. E la Corte di Cassazione è andata anche oltre. Ecco perché ritengo che il processo non andava fatto". Alla domanda con quale animo farà adesso il senatore, Mannino replica: "In questo momento penso a come fare il nonno... Il resto non conta".

La gioia dei legali "Finalmente c'è stata giustizia. La sentenza era una buona sentenza, ingiustamente e pesantemente criticata dalla procura generale, ma che la Cassazione ha dimostrato di avere apprezzato e valorizzato". Lo ha detto l’avvocato Salvo Riela dopo l’assoluzione del suo assistito, che ha atteso a casa il responso dei giudici della Corte d’Appello. Per l’altro difensore, Grazia Volo, "vengono restituiti onore e vigore alla sentenza del tribunale che aveva affondato il processo".

Quattordici anni dopo L'ex ministro Dc assolto dai giudici della seconda sezione della Corte d’Appello di Palermo era accusato di avere intrecciato rapporti con la mafia, traendo profitto dall'appoggio di alcuni boss. L'inchiesta fu avviata oltre 14 anni fa, nel febbraio 1994, quando i pm gli notificarono un avviso di garanzia per concorso in associazione mafiosa. L'anno successivo Mannino venne arrestato e rimase in carcere per 23 mesi. Da allora è stato un susseguirsi di processi e sentenze (ben quattro tra primo, secondo grado, Cassazione, e nuovo rinvio alla Corte d'Appello, che ha dovuto anche sospendere il dibattimento in attesa di una pronuncia della Corte Costituzionale). Il primo processo a Mannino, aperto il 28 novembre 1995, è stato uno dei più lunghi per mafia a Palermo: oltre 300 udienze, 400 testimoni citati, dei quali 250 dall'accusa e 150 dalla difesa, decine di pentiti, da Tommaso Buscetta a Gioacchino Pennino. L'ex ministro venne assolto in primo grado, mentre in appello fu condannato a 5 anni e 4 mesi di carcere nel maggio del 2004.

Cosrte Costituzionale La sentenza è stata poi annullata dalla Cassazione nel luglio 2005 per "difetto di motivazione" e rinviata ad altra sezione della Corte d'Appello. Ma il dibattimento di secondo grado venne sospeso, nel maggio 2006, dopo che era stata sollevata la questione di legittimità costituzionale della norma sulla inappellabilità delle sentenze di proscioglimento in primo grado.

I giudici, accogliendo l'istanza del sostituto procuratore generale Teresi, inviarono gli atti del dibattimento alla Corte Costituzionale, disponendo la sospensione del processo fino alla decisione della Consulta che ha dato nuovamente il via libera al processo.

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