"Voleva vendere i beni di Provenzano" Lipari, appena uscito dal carcere si era messo in movimento per vendere una delle proprietà riconducibili a Bernardo Provenzano. Secondo l'accusa, il consigliori del padrino, tornato in libertà il 13 aprile 2006, due giorni dopo che era stato arrestato Provenzano, stava cercando di far avere al boss corleonese la somma di denaro che avrebbe ottenuto dalla cessione di un grande appezzamento di terreno nelle campagne di Carini (Palermo), del valore di tre milioni di euro. Il bene (sequestrato stamani dagli agenti della Squadra mobile di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia), attraverso prestanomi era riconducibile proprio a Provenzano. Lipari, infatti, dopo aver concluso la vendita, aveva intenzione di far arrivare i soldi al vecchio padrino. Si sarebbe trattato infatti di un "acconto" liquido derivante dalla vendita di una fetta del tesoro di Provenzano, disseminato in varie parti della Sicilia e del Paese, e che risulta intestato a prestanomi.
I rapporti con Totò Riina Giuseppe Lipari in passato è stato anche uno dei più fedeli favoreggiatori di Totò Riina. Per i corleonesi, il geometra Lipari è stato un "consulente" che si occupava di pilotare gli appalti pubblici in modo da affidarli a imprese vicine ai boss. Non solo, dalle inchieste emerge che Lipari avrebbe fatto da cerniera fra alcuni politici e Riina prima, e poi Provenzano. Lipari, ben inserito nei salotti di Palermo, ha svolto pure il ruolo di prestanome per conto di Provenzano e per questo motivo in passato gli sono stati sequestrati beni per un valore di decine di milioni di euro che sarebbero riconducibili al vecchio padrino corleonese. Il consigliori di Provenzano, inoltre, alla fine del 2002 dichiarò di volersi pentire, avviando una stentata collaborazione con la giustizia, che i magistrati però scoprirono subito si trattava di una messa in scena. I giudici della Corte d'appello che lo hanno condannato l'ultima volta nel giugno 2005, ha escluso per Lipari il comma 2 dell'articolo 416 bis, e cioé l'accusa di avere ricoperto un ruolo di vertice nell'ambito di Cosa nostra.
L'inchiesta della procura, diretta all'epoca da Piero Grasso, portò all'arresto non solo di Giuseppe Lipari ma anche di una buona parte del suo nucleo familiare: i figli, Arturo e Cinzia, entrambi condannati e il marito di quest'ultima, Giuseppe Lampiasi, anche lui condannato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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