Andrea Acquarone
nostro inviato a Parma
La strada per ritrovare Tommy riparte da dov'era cominciata. Ovvero Casalbaroncolo, dalla cascina appena ristrutturata nella quale il due marzo scorso questo bimbo di diciotto mesi venne rubato ai genitori. Solo che a batterla, dopo poliziotti, carabinieri, Ris, specialisti dello Sco, e i volontari della Protezione civile, coi loro cani, adesso è arrivata lei. La maga, la negromante per eccellenza, proprio quella signora bionda e rassicurante che lo scorso settembre avrebbe aiutato i sub a ritrovare una ragazza scomparsa nel lago di Lecco.
Il suo nome lo ricorderanno in molti. Se ne parlò per giorni, tra grida al miracolo, scetticismi, diffidenze. «Mi ha chiamato il papà di Tommaso», mette le mani avanti Maria Rosa Busi, da Brescia. Fallì col tesoro del Duce, ora ci riprova. Del resto il caso apre le porte alla celebrità. Ci hanno già provato in tanti a infilarvisi. Il padre di questo bimbo che l'Italia intera vorrebbe poter riabbracciare però, almeno un pochino, la smentisce: «È stata lei a proporsi. A questo punto accettiamo tutto, la cosa più importante è ritrovare nostro figlio».
Fatto sta che la chiaroveggente, che sostiene di comunicare con l'Aldilà, arriva a Parma a metà mattinata. Destinazione la villetta di Casalbaroncolo. Accanto a lei c'è Paolo Onofri, solito montgomery sopra la giacca scura, nonostante un sole pallido tenti di bucare questo interminabile cielo grigio. Entrano in casa. Le persiane restano chiuse. Ci resteranno un paio d'ore. La jeep grigia è parcheggiata fuori, davanti al cancello. Avviene nella sala da pranzo, proprio vicino al seggiolone da cui i due imprendibili rapitori hanno preso il piccino, la visione: «Tommy è vivo e non è lontano - sostiene l'indovina -. La soluzione è vicina, questione di poco, forse di ore». Un raggio di speranza, perlomeno, quanto attendibile sarà tutto da verificare. La disperazione lascia sempre le porte aperte. Anche all'illusione. Perché non tentare?
Interpellata al telefono la maga è laconica. «Mi è stato imposto di non svelare nulla ai giornalisti. Gli investigatori sanno cosa devono fare, non posso riferire i particolari. Tommy è stato rapito per vendetta. Ma, ripeto, è vivo: i miei amici morti mi hanno detto che non è tra loro. Presto i sequestratori si faranno sentire. Il bambino tornerà a casa».
Prima di ripartire un breve summit nello studio dell'avvocatessa Claudia Pezzoni, l'amica di famiglia degli Onofri e adesso anche difensore di Paolo, per quanto riguarda le accuse di pedopornografia mosse all'ex direttore dell'ufficio postale di via Montebello. Lui ha gia pronto un memoriale difensivo. E mentre i carabinieri smettono di rivoltare Brescello, nel quartiere dei calabresi, a caccia di chi «potrebbe essere implicato o sapere qualcosa» (ma sembra tanto un depistaggio ad uso e consumo dei media), il papà di questo bambino che ormai da troppe settimane manca da casa, nel pomeriggio rientra nella sua villetta oggi disabitata. Forse cerca solo un po' di pace, di riposo dopo ventidue giorni trascorsi ospite dei cognati a Martorano.
Ne esce alle quattro e un quarto del pomeriggio, dopo tre ore. La maga? «Ha detto cose che già sapevamo, ma che un estraneo non può conoscere. Particolari comunque non determinanti. Ho informato chi di dovere circa la sua presenza». Protetto dagli occhiali da sole Onofri, appare più sereno: «Sono cautamente ottimista». Anche lui, dopo la sensitiva, lascia intendere che si potrebbe essere alla stretta finale. Al momento della «liberazione» di Tommy. Ma sulle indagini ribadisce: «Non so niente, gli inquirenti non mi informano di nulla. Ciò che so lo apprendo dai giornali». Eppure sono lui e sua moglie, fino a prova contraria, le vittime di questo sequestro senza spiegazioni convincenti.
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