Al magistrato la cena non piace: chiama i Nas e non paga il conto

Secondo il tribunale dei giudici "così facendo non ha abusato della sua qualifica e non ha ottenuto privilegi"

Una cena a base di ricci di mare e saraghi. L’attesa che si trasforma in delusione, perché il pesce non è fresco. La rabbia che cova e monta, fino al litigio con il proprietario del ristorante. Che fare? Di solito, il citta­dino normale paga, magari conden­do il conto con qualche battuta pe­sante, si alza e se ne va per non torna­re mai più, perché su quel locale ha messo una bella croce. (...) Ma se al tavolo è seduto un magistrato, le co­se possono cambiare e il finale può essere imprevedibile. (...) È la sera del 21 marzo 2004. Mattia F., giudice in una città della Sicilia, va dunque in un ristorante nella terra dei Mala­voglia di Giovanni Verga. È insieme alla moglie e sta pregustando una ce­netta da incorniciare. Invece no, è il crollo delle aspettative. Pesce me­diocre, anzi vecchio, meglio lasciar­lo nel piatto. E lui non lo tocca, poi inizia a litigare con il padrone. A que­sto punto il colpo di scena: telefona ai carabinieri, si qualifica come «ma­gistrato in servizio presso il tribuna­le » della città sicula, ottiene nel giro di pochi minuti una «pattuglia auto­montata », secondo la definizione da lui stesso data in una relazione di ser­vizio.

E che cosa fanno i militari? Chiudono alla grande la strepitosa serata sequestrando 5 chilogrammi di prodotti ittici. Il magistrato se ne va, non si sa se soddisfatto, ma certo senza pagare il conto che nel parapi­glia nessuno ha osato portargli. (...) «Nelle 116 relazioni sociali e istitu­zionali » si legge nel capo d’incolpa­zione «il magistrato non utilizza la sua qualifica al fine di trarne vantag­gi personali» e comunque «non si serve del suo ruolo per ottenere be­nefici o privilegi». Elementare. Avremmo capito e condiviso un’azione energica se il pasto fosse stato seguito da una notte in bianco, da mal di pancia o da vomito. (...) Le analisi successive compiute dai cara­binieri con l’aiuto di un veterinario dell’Asl hanno dimostrato che il pe­sce «era stantio ma sicuramente commestibile» e in ogni caso non aveva subìto processi di congelazio­ne. (...) Il magistrato però dà un’al­tra versione (...): è stato il ristorato­re, quando lui si è lamentato, a ri­spondere «in modo sgarbato e incivi­­le, tenendo un atteggiamento arro­gante ».

A questo punto, Mattia F. si è trasformato in paladino della collet­tività ferita e umiliata, si è preoccu­pato per la salute dei futuri clienti, ha chiamato il 112 con il cellulare e ha dato il via non a un’azione di rap­presaglia, come potrebbe sembrare a chiunque, ma a un intervento del­le forze dell’ordine a tutela del bene comune. Addirittura. Mah! E il con­to? Ovvio, non l’ha saldato perché non ha mangiato. E nessuno in ogni caso gliel’ha chiesto. (...) Aveva ra­gione Mattia F., almeno a sentire il Tribunale dei giudici.

Che cita la Cas­sazione: «La legittimazione a solleci­ta­re l’intervento delle forze dell’ordi­ne, sia per far constatare l’avvenuta commissione di illeciti sia per ricer­care una bonaria composizione... spetta certamente al magistrato co­me a qualsiasi cittadino». (...) Il 29 gennaio 2007 Mattia F. viene assolto.

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