La magistratura che vuole processare lo Stato

Gianni Baget Bozzo

Massimo D'Alema è diventato un habitué dei viaggi a Gerusalemme, la «santa», come la chiamano i musulmani, è sul suo percorso di costruzione politica. In poco tempo il ministro ha fatto due viaggi in Israele. Il primo era stato organizzato dal Sismi e, al suo ritorno, D'Alema elogiò la perfezione del servizio. La seconda volta il Sismi non c'era più, era caduto sotto le intercettazioni organizzate dalla procura milanese. Il viaggio del nostro ministro degli Esteri venne organizzato dal Cesis: D'Alema non disse parola, era stato catapultato a Gerusalemme come un turista di riguardo.
Un giorno si scriverà la storia della magistratura italiana con il titolo: «una magistratura contro una nazione e quindi contro uno Stato». I servizi segreti sono dimensioni in cui lo Stato è più Stato, in cui affronta la necessità che non conosce legge. È una utopia laica e razionalista che la totalità dello Stato possa essere organizzata sotto la medesima forma del diritto. Il liberalismo e la democrazia hanno civilizzato lo Stato, ma esso è sempre definito dalla formula usata da San Paolo nella lettera ai Romani: lo Stato è colui che porta la spada, che ha cioè il monopolio della violenza. Pensare di portare il diritto sino a questo nucleo bollente della storia in un mondo segnato dalla guerra e dal terrorismo, è un'utopia più pericolosa di quella di Toni Negri: perché pensa il dissolvimento dello Stato nel diritto e nella democrazia. E non è così.
I servizi segreti italiani fecero un'opera egregia durante la guerra irachena, nel periodo segnato dall'attacco terroristico alle due torri. Più volte l'Italia venne designata come obiettivo di Al Qaida: e, se non lo fu il Paese, lo furono i suoi turisti di Sharm El Sheikh, dove il sangue italiano è scorso. Ma in Italia no e i servizi segreti c'entrano. E i servizi segreti si relazionano ad altri servizi segreti di Paesi alleati o amici o solamente convergenti in un certo obbiettivo; la mutua affidabilità è parte integrante dell’efficienza di un sistema internazionale. La magistratura italiana, che ha già declassato gli atti del terrorismo ad atti di guerriglia, si prende la responsabilità di privare l'Italia dei servizi segreti e della qualità del loro collocamento internazionale. Né la Cia né il Mossad accetteranno di dare informazioni a un servizio segreto così poco segreto che può essere intercettato, processato e condannato da un pretore.
Sarebbe interessante notare i tanti fenomeni che ci sono in Italia di dissoluzione dello Stato: quando una collettività locale protesta, quando un sindacato chiede un contratto, essi possono occupare strade, autostrade, ferrovie e aeroporti. I magistrati sono una corporazione che ha il fine di dissolvere la dimensione di forza dello Stato. E ciò avviene mentre siamo immersi in una guerra endemica di cui il terrorismo è parte essenziale.
Se D'Alema pensa di portare l'Italia alla forza di interposizione tra israeliani e palestinesi dovrà mandarci i magistrati. L'unico potere assolutamente efficiente ma non più statuale.
Da Pollari giungeranno ai vertici di governo, a Gianni Letta, a Silvio Berlusconi; che fortuna per i magistrati poter processare Berlusconi non in quanto proprietario di Mediaset, ma in quanto presidente del Consiglio. Una grande occasione per il grande fine che la nostra magistratura si è assegnata: quello di processare lo Stato.


bagetbozzo@ragionpolitica.it

Commenti