Antimafia in silenzio sulla "mafia rossa" che imbarazza il Pd

Neanche una notizia bomba risveglia una sonnacchiosa antimafia

Antimafia in silenzio sulla "mafia rossa" che imbarazza il Pd
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Neanche una notizia bomba risveglia una sonnacchiosa antimafia. «Reggio Emilia è la nuova capitale della 'ndrangheta al Nord», sentenzia qualche giorno fa il procuratore capo reggiano Calogero Gaetano Paci (nella foto). Che dicono i soliti mafiologi? Tutti zitti. Il Fatto almeno ne dà notizia, Repubblica preferisce sbirciare nello specchietto retrovisore, vagheggiando di un fantomatico ruolo di Silvio Berlusconi nel mancato attentato della mafia allo Stadio Olimpico di Roma del 1994. Una suggestione su cui si è incartata la Procura di Firenze non si sa più da quanti anni. E dunque, mentre un magistrato certifica che la 'ndrangheta si è mangiata il granaio di voti Pd a luci spente, anzi a 30 all'ora grazie a rapporti di civile convivenza con la borghesia mafiosa locale, dem e giornaloni fanno spallucce. I Cinque stelle insistono contro il centrodestra «che fa leggi per i boss», come sibilava giorni fa Federico Cafiero de Raho, oggi muto sulla «mafia rossa». Eppure, nelle parole di Paci sui «rapporti tra 'ndrangheta e il tessuto economico, professionale, sociale e politico-istituzionale reggiano ed emiliano» sembra prefigurarsi la quiete prima della tempesta giudiziaria contro amministratori e imprenditori, diventati «complici» attraverso raffinate operazioni che aggirano l'Erario, creando ricchezza e consenso. Si dirà: ci sono stati i processi dai nomi altisonanti. Certo, ma che hanno portato sconfitte sul piano «militare», senza intaccare i meccanismi di inquinamento dell'economia legale.

Il pentito Luigi Bonaventura, ex rampollo di una delle più potenti cosche del Crotonese, ricorda al Giornale che in Emilia-Romagna «c'erano due cosche distaccate». Da almeno 25 anni lì gli affari si fanno in silenzio, senza sparare. Ma con chi? L'impennata di reati ambientali (+128% nel 2022 secondo Legambiente) è allarmante, ne è forse una conseguenza l'incidente all'inceneritore di Riccione. C'è un rischio Terra dei fuochi che si allarga non solo alla Calabria ma anche a Lombardia, Piemonte e Liguria? Dietro operazioni finanziarie «sempre più sofisticate» c'è il riciclaggio, reato erroneamente percepito come «senza vittime», con negozi ed esercizi commerciali che ripuliscono il denaro da nascondere sul dark web o via criptovalute. Ma serve tempo per rintracciarlo, come dimostrano le indagini della Finanza e della «nuova» Dia del generale Gdf Michele Carbone, tra i massimi esperti di antiriciclaggio in nome del postulato follow the money di Giovanni Falcone.

Alla sbarra non c'è (ancora) la borghesia mafiosa, la zona grigia di cui nessuno sembra volersi occupare, a Reggio come a Milano. Un po' per sottovalutazione del fenomeno (lo ammette anche Paci) un po' per una miopia investigativa sostenuta dai soliti giornali, ciclostile di ogni fumosa ipotesi purché riguardi il centrodestra. Ne parla Giovanni Paolo Bernini di Forza Italia, invischiato in AEmilia e pienamente assolto, nei suoi libri Storie di ordinaria ingiustizia e Colpo al Sistema. C'è una storiaccia che in passato ha sfiorato l'ex sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio, accusato di aver stretto la mano al boss Nicolino Grande Aracri quando fece una visita di cortesia a Cutro, feudo della famiglia che spadroneggia nel Reggiano. Il predecessore di Paci, Marco Mescolini, è stato cacciato dal Csm (e graziato dal Consiglio di Stato) perché aveva risparmiato il Pd, nonostante i Servizi avessero lanciato sospetti su esponenti dem vicini a Delrio.

L'Antimafia di de Raho se ne era accorta tardi, lasciando per mesi le doglianze su Mescolini nel cassetto. Possibile che il Pd non si sia accorto che la mafia gli ha impestato casa? Distratto o complice? Cosa sia peggio, difficile dirlo.

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