Magistratura

"Basta allarmismi". Il consigliere della Cartabia difende la riforma

Riflettori accesi sul caso dei boss di Palermo. L’esperto Gian Luigi Gatta: “Ci si preoccupa oggi di un problema che, se esiste, esiste da trent'anni”

"Basta allarmismi". Il consigliere della Cartabia difende la riforma

Riforma Cartabia al centro del dibattito tra giuristi. Una contesa da collegare a un fatto di cronaca, avvenuto nel palermitano. Accusato di mafia, estorsione, sequestro di persona e lesioni, il boss Giuseppe Calvaruso è stato condannato a 16 anni in abbreviato. L’entrata in vigore del testo firmato dall’ex ministro della Giustizia, però, ha stabilito l’improcedibilità per una serie di reati, tra i quali il sequestro di persona, in assenza di querela della persona offesa. Nessuna delle vittime di Calvaruso ha presentato querela e per questo la Procura non ha potuto fare altro che chiedere l’inefficacia della custodia cautelare nei confronti del boss e di due coimputati.

L’intervento dei magistrati

Il boss non lascerà il carcere – la misura cautelare resta in piedi per le accuse di associazione mafiosa ed estorsione – ma il dibattito è a dir poco rovente: il rischio è quello di assistere a scenari pericolosi. I magistrati non hanno dubbi, il rischio di scarcerazioni eccellenti c’è e per questo motivo hanno chiesto al governo Meloni di intervenire a correggere alcune parti della riforma Cartabia. “Le recenti notizie in ordine alla probabile revoca di misure cautelari per reati diventati procedibili a querela, pur quando sia contestata l’aggravante del metodo mafioso o dell’agevolazione mafiosa, impongono un ripensamento, in tempi rapidi, delle scelte del legislatore”, l’analisi del presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia. Ma c’è anche chi dice basta allarmismi.

L’intervento del consulente della Cartabia

L’entrata a gamba tesa di Santalucia non è passato inosservato ed è arrivata pressochè immediata la replica di Gian Luigi Gatta, consigliere giuridico dell'ex Guardasigilli e ordinario di Diritto penale all’università di Milano. "L'aggravante del metodo mafioso è stata introdotta dopo le stragi di mafia degli anni Novanta, da più di trent'anni, quando il codice già prevedeva oltre quaranta reati procedibili a querela. Ci si preoccupa oggi, quindi, di un problema che, se esiste, esiste da trent'anni, ben prima della riforma Cartabia", il suo giudizio. A proposito della vicenda di Palermo, Gatta ha rimarcato che le lesioni guaribili in venti giorni – se aggravate dal metodo mafioso – erano già procedibili a querela prima della riforma Cartabia.

Insomma, il messaggio del giurista è piuttosto chiaro: stop alle polemiche strumentali.

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