Magistratura

Riforme da riformare

Nella recente glorificazione della riforma Cartabia era stata accreditata la tesi che nei verbali di intercettazioni che vengono dati in pasto ai giornali non sarebbero stati più coinvolti i nomi di terze persone non indagate

Riforme da riformare

Nella recente glorificazione della riforma Cartabia era stata accreditata la tesi che nei verbali di intercettazioni che vengono dati in pasto ai giornali (la linfa dei circuito mediatico-giudiziario) non sarebbero stati più coinvolti i nomi di terze persone non indagate. Ieri ho scoperto che si trattava di norme scritte sull'acqua: il mio nome è stato tirato in ballo ed accostato ad una storia di cui non so nulla. L'avvocato che mi ha difeso 12 anni fa nella vertenza con la Rai, il professore Federico Tedeschini, per anni ordinario di Diritto pubblico alla Sapienza di Roma, è stato coinvolto in un'inchiesta con l'accusa di aver brigato nel tentativo di promuovere un giudice del Consiglio di Stato, Silvestro Maria Russo, di cui ho scoperto l'esistenza solo leggendo i giornali. Che un avvocato dell'abilità di Tedeschini debba ricorrere a questi espedienti per vincere le cause è un'accusa che mi lascia perplesso (per usare un eufemismo). Saranno, comunque, le indagini e un eventuale processo ad accertarlo.

La congettura più assurda, che invece mi conferma quanto sia infernale il meccanismo della giustizia italiana, è l'ipotesi basata sulla frase, a quanto pare buttata lì da Tedeschini in un'intercettazione, che io potessi essere lo strumento per caldeggiare al presidente del Consiglio di Stato, Franco Frattini, la promozione di Russo. Ora, già solo l'idea che un personaggio come me, che ha sempre avuto un giudizio severo sul sistema giudiziario, possa favorire l'avanzamento di carriera di un magistrato ha una vena irresistibilmente comica. Tanto più che il sottoscritto è stato vittima dei meccanismi perversi di certa giustizia, visto che da senatore di Forza Italia, dopo un'assoluzione, è stato condannato in primo grado da un giudice che per 12 anni era stato parlamentare del Pd e sottosegretario nei governi dell'Ulivo e in Cassazione, e si è ritrovato come relatore in Cassazione il capo di gabinetto del ministro di Grazia e Giustizia del governo Prodi. Al punto che per impedire simili obbrobri sull'imparzialità dei giudici è stata approvata una legge che impedisce alle toghe di tornare nei tribunali dopo un'esperienza politica.

A parte ciò, io con Franco Frattini non ho contatti da 12 anni. E che quel sospetto sia campato in aria lo dimostra il fatto che non sono indagato. Per cui il mio nome nell'ordinanza aveva un solo scopo: inserirlo nel circo mediatico. Esemplare l'articolo di Repubblica. Titolo: «La cricca che raccomandava il giudice: Dico a Minzolini se parla a Frattini». Solo che la conclusione dell'articolo (ultime cinque righe) afferma: «Non emergono gli aiuti di Frattini e Minzolini vantati da Tedeschini». Ora, cosa c'entri un articolo così costruito con il giornalismo mi rimane oscuro. Ma soprattutto mi sorprende, anzi mi scandalizza, il comportamento di chi inserisce il mio nome in un'ordinanza senza neppure avermi interrogato sulla vicenda, soprattutto alla luce delle mille discussioni che hanno portato alla riforma Cartabia.

Motivo per cui l'attuale Guardasigilli, invece di gongolarsi in tante dissertazioni sull'universo giudiziario, farebbe bene a presentare provvedimenti, sic et simpliciter. Anche perché le riforme non vanno solo approvate, ma anche applicate. Il che è ancora più difficile.

Riforma Cartabia docet.

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