La Corte esige rispetto ma da oltre due anni fa la guerra al governo

Il blocco dell’opera ultimo atto di uno scontro sull’attuazione del Pnrr e sullo scudo erariale

La Corte esige rispetto ma da oltre due anni fa la guerra al governo
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Rispetto. Come Zucchero Sugar Fornaciari nel 1986 la Corte dei Conti chiede al governo Meloni «rispetto» per il suo operato. Il poter bloccare un'opera fondamentale con un tratto di penna intinta nel calamaio (strumento di cui i magistrati saranno ancora dotati vista la loro avversione per la tecnologia) merita rispetto in quanto la Costituzione demanda alla Corte dei Conti il controllo della spesa pubblica. Talvolta ex ante, molto spesso ex post (vedi alla voce Superbonus 110% censurato «a bassa voce»).

Di sicuro resta la tensione con Palazzo Chigi e con il ministero delle Infrastrutture che ieri comunque hanno ribadito la volontà di andare avanti. I rapporti sono più che deteriorati da oltre due anni, da quando la magistratura contabile presieduta da Guido Carlino (in foto) ingaggiò una battaglia con l'ex ministro degli affari Ue sul Pnrr.

Basti pensare che mercoledì sera il governo ha ironizzato sul funzionamento «farraginoso» della Corte dei Conti. «Una delle censure ha riguardato l'avvenuta trasmissione di atti voluminosi tramite link, come se i giudici contabili ignorassero l'esistenza dei computer», aveva dichiarato la premier Meloni. Il riferimento è al fatto che la Corte chiede sempre planimetrie e dati catastali del progetto in formato cartaceo, pretendendo insomma faldoni fisici come si faceva nel secolo scorso. Una rigidità che, secondo l'esecutivo, rallenta in modo ingiustificato i processi decisionali e frena la modernizzazione della pubblica amministrazione.

Dietro la polemica tecnica, però, si muove anche una dimensione politica: quella di una Corte dei Conti che - secondo alcuni osservatori - avrebbe vissuto come una «diminutio» il progressivo ridimensionamento dei propri poteri di controllo, proseguito da questo governo ma iniziato già dai precedenti esecutivi. La recente decisione di bloccare il Ponte e l'imminente verifica di legittimità sull'atto aggiuntivo alla Convenzione con Stretto di Messina Spa non possono non leggersi come una sorta di resa dei conti istituzionale.

Nel 2023 Fitto, oggi commissario Ue, aveva difeso la scelta di limitare i poteri di controllo concomitante della Corte dei Conti, cioè il potere di monitorare in corso d'opera l'attuazione dei progetti finanziati dal Pnrr. «Il controllo concomitante - aveva spiegato Fitto è rimasto inattuato per dodici anni. Ora, su 47 delibere del collegio, 44 riguardano il Pnrr. È legittimo chiedersi la ragione di questa tempistica». Una sorta di ostruzionismo che stava paralizzando la spesa dei fondi Ue, sollecitata già dall'ex premier Mario Draghi e dall'allora governatore di Bankitalia Ignazio Visco. Da qui la decisione di prorogare lo scudo erariale, che limita la responsabilità dei funzionari pubblici ai soli casi di dolo, e di avviare un tavolo di confronto con i magistrati contabili a Palazzo Chigi per «chiarire le rispettive competenze».

Al Senato, intanto, sta proseguendo l'esame del disegno di legge Foti (presentato dal ministro quando era capogruppo di Fdi), già approvato alla Camera, che ridisegna profondamente il ruolo della Corte dei Conti. Il testo prevede la riduzione delle sezioni territoriali, la centralizzazione delle procure contabili e soprattutto la limitazione del controllo concomitante, che potrà essere attivato solamente su richiesta del governo, del Parlamento o dell'amministrazione interessata.

Il ddl, oltre a confermare definitivamente lo scudo erariale (la cui ultima proroga scade il 31 dicembre) introduce inoltre una «prescrizione sprint» per i danni erariali e un tetto massimo del 30% alla condanna per danno accertato, misura che secondo i promotori mira a «liberare la burocrazia dalla paura della firma», ma che per il presidente della Corte Guido Carlino rischia di indebolire il contrasto agli sprechi e di scaricare i costi sugli stessi cittadini, attraverso maggiori

imposte o servizi ridotti. Poco conta che la Consulta stessa abbia sottolineato la necessità di adeguare le norme sulle responsabilità erariale. À la guerre comme à la guerre. Sperando che il Ponte non ne faccia la spese.

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