La «mala educaciòn» politica

Egidio Sterpa

Ci si indigna per le espressioni spesso volgari dei nostri ragazzi, ma ci stiamo ormai abituando al vocabolario spesso sconcio dei politici: insulti, parolacce, denigrazioni. In tram, giorni fa a Milano, m’è capitato di sentire un signore che diceva: «Come ci si fa a scandalizzare per come si esprimono i giovani, quando sono i politici a scambiarsi espressioni peggio che da osteria?».
Ma quel che stupisce è che certo vocabolario rischi di diventare abituale anche tra persone che dovrebbero avere qualche dimestichezza col galateo e osservarlo almeno per convenienza sociale. Persone che peraltro ostentano superiorità e disprezzo per il mondo politico.
Merita qui attenzione l’imprenditore Della Valle che, intervenuto al meeting politico di Telese, si è esibito con un frasario non certo inappuntabile: ha fatto promesse di «calci nel sedere» a «magliari», «piccoli banditelli» e «nuovi pirati dell’economia».
Non conosco né Della Valle né i presunti «banditelli», oggetto di intimidazioni calcistiche. Né l’uno né gli altri rientrano nei miei interessi. Non ho né simpatie né antipatie per il Della Valle, se mai, potrei avere qualche attenzione di valore culturale per il fatto che egli è oggi tra gli azionisti del Corriere, giornale in cui ho vissuto non pochi anni e che un po’ nel cuore mi è rimasto. Posso magari dirmi stupito che chi oggi si erge a garante di una grande tradizione giornalistica usi un linguaggio che avrebbe fatto trasalire i vecchi corrieristi.
Per finirla sul suo caso, al signor Della Valle mi permetto di segnalare due precedenti storici. Negli anni Venti, il gruppo Perrone, padrone dell’Ansaldo e poi anche di giornali, avendo subito danni dalla caduta della Banca di Sconto, compì l’audace tentativo di conquistare la maggioranza delle azioni della Banca Commerciale. Di una vicenda analoga, anche questa poco fortunata nel tentativo di scalare il Credito Italiano, fu protagonista il gruppo finanziario formato da Giovanni Agnelli (Fiat) e da Riccardo Gualino, fondatore tra l’altro della Snia.
Come si vede, la storia del capitalismo italiano, non dissimilmente da quello del resto del mondo, è fatta anche di scalate. Tutti «pirati»? Certo, può esserci differenza tra imprenditori d’altri tempi, che avevano drenato capitali soprattutto dal mondo agricolo, e presunti grimpeurs della finanza di oggi. Ma attenzione a non disprezzare troppo la legge del mercato. Ancora un ricordo. Quando il mantovano Colaninno, associato a qualche altro finanziare di Brescia se non sbaglio, venne definito «capitano coraggioso» da D’Alema (non a torto, riconosciamolo, visti i successi della sua Piaggio) furono in molti nell’establishment politico ed economico-finanziario a storcere il naso.
Ma torniamo alla politica, che indubbiamente si è allontanata non poco dalla civiltà del galateo. La lotta politica registra un degrado senza precedenti. I confronti sono diventati vere e proprie risse verbali, colme di contumelie. Persino intellettuali, stimabili per motivi culturali, quando si impegnano in politica si autosviliscono con espressioni offensive e giudizi avventati. Si potrebbero citare nomi illustri che praticano, anche più dei politici, la demonizzazione degli avversari. Che cosa fa fare la fazione!
Si dice: è il massimalismo che porta a tanto. È vero, ma spesso certi giudizi incendiari nulla hanno a che fare col massimalismo politico. Ci sono - va detto per onestà - massimalismi rispettabili, come Bertinotti e Cossutta, per esempio, che il galateo lo conoscono e lo praticano. Meno moderazione a volte c’è in politici come Prodi, arrivato a definire «mercenari» i militanti di Forza Italia. I suoi trascorsi democristiani, come gli ha ricordato recentemente Casini, dovrebbero indurlo a maggiore responsabilità.
Chi scrive queste note è un liberale che crede fermamente nella democrazia dell'alternanza e quindi riconosce sacrosanto il diritto dell’opposizione di battersi per la conquista del potere e affermare, nel rispetto di principi della democrazia, la propria visione politica nel governo del Paese. Nella lotta politica, però, si può essere severi senza trascendere in denigrazioni e insulti. Per non venire meno all’obiettività, va ammesso che qualche responsabilità nel degrado della lotta politica va addebitata anche a destra. Non va dimenticata per esempio (me lo ha ricordato un lettore), l’esibizione di una corda col nodo scorsoio da parte di un leghista in Parlamento. Ma non c’è dubbio che il crollo della civiltà politica è dovuto in gran parte a una cultura come quella marxista che, per storia e pratica, ha spesso falsificato la realtà.
Sia permesso infine a un liberale di dire che a sinistra ci sono sicuramente persone che onestamente si stanno impegnando per portare la loro parte fuori dal peggiore massimalismo politico. Risultati ce ne sono, ma c’è ancora molta strada per la Tipperary della temperanza e della urbanità.

Non manca a sinistra chi lo ammette.

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