Sergio Noja Noseda
Limam di Segrate è, per quanto è apparso in televisione e sui giornali negli ultimi giorni, un grande ignorante in materia di Islam e ha tutta lapparenza dappartenere alluniverso degli ignoranti in malafede.
Il termine imam è prettamente arabo e va tradotto in italiano con una parola oggi desueta come «antistite» ovvero «colui che sta davanti», sottinteso «durante la preghiera».
I musulmani pregano schierandosi in righe poste una dietro laltra seguendo negli inchini e nelle prosternazioni un unico «antistite» anchegli rivolto, come tutti i presenti, verso la Mecca.
Quando un qualsiasi gruppo di musulmani si accinge alla preghiera elegge, guardandosi lun laltro, chi conosce meglio la cerimonia, del resto semplicissima, e lo nomina senza alcuna formalità, al momento, per quel momento e per quei musulmani, «antistite» di quella preghiera. Questa nomina non ha nessun seguito per quanto riguarda un eventuale incarico dinsegnamento o un qualsiasi magistero. Amanti come tutti noi di ossequiare chi apparentemente ci pare superiore con un titolo, anche presso di loro è valso luso di chiamare Imam alcune persone quali come da noi, con la dovuta differenza, si dà facilmente del «dottore» ad una persona che si presenta importante.
È un dato di fatto della realtà quotidiana la presenza nel nostro territorio di questi Imam autonominatisi «a tempo pieno» non solo direttori della preghiera ma altresì maestri, direttori spirituali, portavoce della comunità locale e così via.
Dichiarare non vera laffermazione «il velo non è prescritto nel Corano» è una dimostrazione di ignoranza perché questa del «velo» non è una disposizione coranica. Nel testo sacro dellIslam non figura la prescrizione per le donne di coprirsi il volto o il capo. Il Corano prescrive di indossare le mutande.
Se si traduce correttamente il testo salta allocchio che il precetto di «coprirsi», in due separati versetti, dei quali uno dedicato alluomo (XXIV, 30) e laltro alla donna (XXIV, 31), riguarda gli organi sessuali.
La parola che il Bausani traduce con «vergogne» è larabo farg che vuol dire senza alcun problema «spaccatura», questo termine, regolarmente registrato nei grandi dizionari arabi, vien riportato come «apertura tra due cose» citando un verso famoso del principe poeta, e Casanova, del mondo preislamico «Imru» al-Qays il quale cantò alla sua cavalla: «Ha una coda qual duna sposa duna gonna la fattura / e dal di dietro, con essa, copre la sua spaccatura (farg)».
In questo caso si può veramente parlare di malafede perché gli arabofoni, come lImam di Segrate, ancorché ignoranti delle finezze della loro lingua, la parola farg non può che suonare altro che «spaccatura». Se cè uno sforzo dinterpretazione è dovuto al fatto che per il noto fenomeno linguistico detto «metafora» il termine «spaccatura» è diventato «organi sessuali» e pertanto è usato anche nel versetto precedente che detta unidentica norma per gli uomini ove «vergogne» è sempre espresso dal termine farg.
Quanto poi allorigine del portare il velo nel mondo islamico, alla sua affermazione nel folklore di quel mondo come la circoncisione e linfibulazione che niente hanno a che vedere con la religione, il discorso si allarga.
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