Il ronzio di decine di migliaia di zanzare anofele, responsabili della malaria, ha rappresentato per decenni un suono sinistro nelle risaie di Cheju, una zona rurale alla periferia della capitale dello Zanzibar. Oggi nella stessa area il silenzio è simile a quello di un paesaggio lunare, merito dei droni che hanno spruzzato un composto miracoloso sui campi, impedendo a milioni di larve di schiudersi. Sotto lo sguardo curioso di una manciata di agricoltori locali, un gigantesco drone della compagnia cinese DJI sorvola le risaie. Sparge acqua e rilascia una sostanza della consistenza del silicone in grado di soffocare le minuscole larve.
«Siamo convinti che prevenire la malaria sia più intelligente che curarla. Abbiamo ucciso le zanzare prima che potessero spiccare il volo», sintetizza il manager olandese Guido Welter, la mente pensante alla base di un progetto che si prefigge di sradicare una malattia che colpisce oltre 200 milioni di persone nel Continente nero. La difficoltà di ottenere dalle autorità governative di Kenya e Rwanda i permessi necessari, ha reso l'isola più estesa dell'arcipelago della Tanzania il luogo ideale per questa sperimentazione. Il progetto è stato inserito nel Programma di eliminazione della malaria da Zanzibar e autorizzato dal Ministero della Salute. «L'uso dei droni ci offre un'opportunità finora inimmaginabile spiega Welter - stiamo facendo la storia. Un giorno Zanzibar verrà ricordata non solo per aver dato i natali a Freddy Mercury». Negli anni Zanzibar è riuscita a mantenere più o meno sotto controllo la situazione, ma con abbondanza di pesticidi nocivi per la salute umana. «Da quando è iniziato il trattamento, ovvero dal 2018 aggiunge il manager olandese - ci sono stati soltanto cinque morti di malaria su una popolazione di 1,5 milioni di persone. Possiamo fare meglio, perché 5 morti sono sempre 5 vite spezzate».
Quando un essere umano viene infettato dalla malaria, i parassiti che provocano la malattia si moltiplicano nel corpo, i globuli rossi diventano vischiosi, il sangue non può circolare liberamente o trasportare ossigeno alle cellule. Il fegato collassa, e il cervello nel tempo subisce danni irreparabili. Sebbene l'Organizzazione mondiale della sanità abbia stimato che tra il 2000 e il 2015 i decessi per malaria sono diminuiti del 60% nel mondo, con 6,2 milioni di vite salvate, nel 2017 sono morte almeno 435mila persone, il 93% in Africa. Oltre la metà sono bambini al di sotto dei cinque anni (266mila). «Una persona su due che ha vissuto su questo pianeta è morta di malaria», afferma l'entomologo Bart Knols, specialista in malattie come la dengue e la malaria, e che insieme allo scienziato keniota Richard Mukabana è il responsabile della scelta del prodotto da spruzzare con l'ausilio dei droni.
L'esperimento a Cheju è iniziato irrorando le risaie con acqua nella quale è stato diluito dell'Aquatain. Si tratta di un composto che crea un film monomolecolare che si estende sulla terra irrigata e impedisce la respirazione delle larve, originariamente utilizzato per prevenire l'evaporazione delle superfici delle falde acquifere. Non si tratta quindi di un prodotto chimico tossico: è rispettoso dell'ambiente e in tre o quattro settimane evapora in modo naturale senza lasciare tracce. A questo punto è entrata in scena la tecnologia dei droni DJI, progettati in modo da poter volare con carichi di acqua e Aquatain per un peso di 25 chili. L'uso della robotica come fonte di benessere sociale sta fornendo risultati più che apprezzabili e a radiocomandare i DJI è stata chiamata un'ingegnere donna, Khadijah Abdulla Ali, già soprannominata dai media africani «la signora delle risaie». «Utilizzare i droni per debellare la malaria è la cosa migliore che si possa fare. Senza dimenticare che guidare un drone è divertente e al tempo stesso un arricchimento professionale. Non mi sento affatto in imbarazzo a lavorare in un settore a prevalenza maschile. Le donne hanno le stesse capacità e abilità degli uomini».
La coltivazione del riso è una questione di vita o di morte a Zanzibar, dove secondo le statistiche è la principale risorsa per una popolazione che consuma circa 61 chili pro capite l'anno. La presenza di zanzare femmine anofele nelle risaie era diventata una costante intollerabile. Zanzare pronte a depositare tra le 50 e le 200 uova al giorno in queste zone acquose, complicando il controllo di una malattia che finora solo Zanzibar è riuscita a osteggiare con strumenti efficaci. «Tutti i paesi africani hanno molto da imparare da ciò che sta accadendo qui, dal momento che il controllo larvale non occupa un posto di rilievo tra gli strumenti prescritti dall'Oms per combattere la malaria», sintetizza Mukabana, consapevole che non si debba abbassare la guardia o abbandonare altre abitudini come l'uso di zanzariere o repellenti. A Zanzibar l'ottimismo è palpabile, altrove la situazione continua a essere allarmante. «Noi siamo un piccolo Paese - ci tiene a sottolineare il premier - e non abbiamo avuto grosse difficoltà ad organizzarci. Mi domando cosa accadrà in Congo, nel Sudan o nel Ciad, dove la malaria raggiunge picchi spaventosi, trovando linfa vitale tra sistemi sanitari precari».
Al momento solo il Ghana ha mostrato interesse per il trattamento con Aquatain, ma secondo la «signora delle risaie» i droni possono diventare lo strumento per cambiare in modo drastico le condizioni di vita di tutto il continente.
«Un programma dettagliato di voli può diventare utile per trasportare farmaci, plasma o sangue nelle aree più remote dell'Africa. Debellare la malaria è solo il primo passo di un percorso che prima o poi l'intero continente dovrà affrontare».
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