Le malattie e la paura di morire perché si mette il seme in cassaforte

Da noi non è un moda diffusa come negli Usa. Il ginecologo Flamigni: «Ricorre a questa pratica chi sta male oppure tende all'infertilità»

Monica Marcenaro

da Milano

Oltre Oceano nessuno si meraviglia se il sesso forte decide di congelare il proprio seme in attesa di tempi più propizi per mettere al mondo un erede. C'è chi decide il colore degli occhi e dei capelli del pargolo e chi di aspettare. Anche nel Bel paese chi può permetterselo, ha scelto di conservare sotto zero in un’apposita banca, le cellule dei propri discendenti nell'ipotesi che un domani quelle stesse cellule possano diventare degli organi di ricambio. Stravaganze che la maggioranza degli italiani non prende neppure in considerazione: questione di tasche e di praticità. «Da parte degli uomini non c'è certo una propensione generalizzata a conservare i propri spermatozoi - conferma il ginecologo Carlo Flamigni, responsabile del Centro fertilità dell'università di Bologna - a meno che non ricorrano alcune condizioni particolari, come la diagnosi di una malattia invalidante, oppure una tendenza familiare all'infertilità». In ogni caso, le donne si tolgano dalla testa l'idea di mettere al mondo un figlio senza il consenso del marito, a meno che non decidano di ricorrere a sotterfugi, perché non è consentito l'utilizzo del seme congelato a un solo componente della coppia.
Il sesso forte in Italia non si smentisce, soprattutto quando non ha ancora varcato la soglia dei cinquanta e il desiderio di fertilità è ancora vivo. In soccorso sono arrivati la scienza e la tecnologia che oggi permettono di considerare fertile un soggetto anche con solo qualche spermatozoo «mezzo addormentato».
Di qui la scarsissima propensione a rivolgersi a una banca del seme: dati ufficiali non ce ne sono, ma Flamigni conferma sulla base della lunga esperienza clinica che «l'uomo decide di congelare i propri spermatozoi solo in alcuni casi, come per esempio davanti a una diagnosi di tumore o di altro grave malanno che richieda terapia chemioterapica, a patto che in una simile situazione l'istinto della sopravvivenza non abbia la meglio sul desiderio di procreazione, oppure in vista di un intervento chirurgico che nel lungo periodo possa compromettere la funzione riproduttiva, oppure se è stata accertata una tendenza familiare all'infertilità».


Senza pensare al peggio, gli specialisti consigliano di congelare il seme a quel paziente che debba affrontare un intervento per trattare un grave varicocele, cioè una dilatazione patologica della vena spermatica, perché dopo l'operazione «il seme può diventare cattivo».

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