Dalla vendetta per il 1979 al segnale mandato a Xi: le sette vittorie di Donald

Trump restituisce agli Usa l'immagine di grande potenza. E recupera il consenso

Dalla vendetta per il 1979 al segnale mandato a Xi: le sette vittorie di Donald
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Nessuno può dire se e quanto durerà. Anche perchè con Donald Trump l'"imprevedibilità strategica" è la nuova dottrina dell'ordine e del disordine mondiale. Ma se la tregua tra Iran e Israele resisterà il Presidente Usa potrà rivendicare un sensazionale "settebello". Un successo in sette punti capace di compensare i tanti passi falsi commessi improvvisandosi negoziatore sui fronti di Ucraina e Striscia di Gaza.

1. Il primo successo, cruciale per il fronte interno, è lo schiaffo inferto a quel regime khomeinista che 45 anni fa umiliò l'America occupandone l'ambasciata e tenendo in ostaggio 52 suoi cittadini per 444 giorni. Da allora nessun Presidente, da Carter a Biden, era riuscito a sanare quella ferita facendo pagare a Teheran il prezzo dell'umiliazione. La sfida di The Donald alla Repubblica Islamica inizia già durante il primo mandato quando non esita a ordinare l'uccisione di Qasem Soleimani, capo della Brigata Al Quds dei pasdaran e indiscusso stratega della lotta ai nemici di Teheran. Una missione continuata sabato notte radendo al suolo le infrastrutture nucleari su cui Teheran contava per affermare il suo ruolo di grande potenza regionale.

2. A differenza di Joe Biden costretto ad una figuraccia dopo l'altra Trump ha messo il guinzaglio ad un Bibì Netanyahu deciso a coinvolgerlo in una guerra a tutto campo all'Iran. Fonti della Casa Bianca riportano che il tono del colloquio con il quale ha negato a Bibì ulteriori sostegni militari imponendogli la tregua è stato "particolarmente risoluto e diretto". Una circostanza confermata dallo stesso Trump quando ha spiegato di essersi misurato con "due paesi che combattono da così tanto tempo e così duramente che non sanno più cosa c...o stanno facendo".

3. Per la prima volta dal ritiro dall'Afghanistan del 2021 un Presidente restituisce all'America l'immagine di grande potenza. E lo fa affidando la distruzione di Fordow a sette di quei bombardieri strategici B2 Spirit progettati a su tempo per colpire il nemico sovietico. Bombardieri ridotti negli ultimi decenni a reliquie della Guerra Fredda. Tenendoli in volo per 37 ore lungo una rotta di 24mila chilometri Trump li usa come simboli della riacquisita volontà di potenza della propria Amministrazione,

4. Misurando la necessità di mettere a segno un colpo spettacolare e il rischio di farsi trascinare in un "conflitto senza fine" è riuscito, fin qui, a non ripetere gli errori dei suoi predecessori. E a rispettare le promesse della campagna elettorale.

5. Il colpo al nemico iraniano è anche un messaggio indiretto, ma inequivocabile alla Cina di Xi Jinping pronta per molti analisti ad approfittare delle precedenti incertezze di Trump per tentare di prendersi Taiwan. Una tentazione che le mosse del Presidente contribuiscono a ridimensionare.

6. La guerra iniziata ingannando un Iran convinto di poter ancora negoziare si conclude con la rappresaglia farsa dell'attacco missilistico, preventivamente concordato, alla base americana di Al Udeid in Qatar. Un inizio e una fine metafore di quella dottrina dell'"imprevedibilità strategica" cara al "cane pazzo" accucciato nello Studio Ovale. Con lui il mondo torna a fare i conti con la "forza" degli Stati Uniti. Ma senza sapere quando, come e se verrà utilizzata.

7.

Come già fatto capire al G7, abbandonato senza neanche discutere il conflitto in Iran, l'America di Trump si pone al di sopra, e al di là, di qualsiasi istituzione o potenza internazionale. Siano essi l'Europa, le Nazioni Unite o quei 32 paesi Nato a cui Trump ricorderà, durante il vertice dell'Aja, non solo il ruolo di contributori, ma anche quello di semplici pedine.

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