Malfattori nel fondo dell’anima

Il brigante (o malfattore, comunque ladro) buono (anche se non propriamente «santo») più famoso della storia è senza dubbio Robin Hood, le cui origini si perdono nel Medioevo britannico. Sempre nel Medioevo, ma in ambiente germanico, troviamo i meno celebri Wernher der Gartenaere ed Helmbrecht, e il francese Wistasse le Moine. Mentre Rinaldo di Châtillon, il cavaliere che partecipò alla seconda crociata e poi rimase in Terra Santa dopo la sconfitta divenendo principe d’Antiochia dal 1153 al 1160, incarna perfettamente la figura del «cavaliere-predone», il Raubritter. Il mondo arabo e quello indiano vantano (si fa per dire...) una lunga tradizione di anonimi ma ferocissimi briganti che si legarono in autentiche corporazioni rette da rigide gerarchie e regole ferree. Spostandoci in Cina, la figura dominante è quella di Dao Zhi, il bandito Zhi (vissuto nel VI secolo a.C.). La sua può essere considerata un’autentica filosofia del crimine, che lo portò anche, come riferisce il XXIX capitolo dello Zhuang-Zi (libro che prende il nome dal suo autore, vissuto nel IV secolo a.C.), a uno scontro con Confucio. Da notare che anche la Cina ebbe il suo santo-bandito.

Si tratta di Song Jiang, protagonista del romanzo Shui hu zhuan (letteralmente Sul bordo dell’acqua), storia di una banda di 108 fuorilegge di cui Song Jiang, funzionario integro e pacifico, diviene il capo per fronteggiare, anche con il crimine, la corruzione e la disonestà dei mandarini.

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