Ritengo che lintervista a Beppe Dossena, sia stata intempestiva, ossia non ne sentivamo il bisogno, almeno noi tifosi, e soprattutto in un momento così grigio! È anche vero che, come scrive il direttore Massimiliano Lussana, le critiche, se rivolte con civiltà e onestà intellettuale, possono rivelarsi costruttive e talvolta utili, ma siamo sicuri, o meglio,siete sicuri voi che avete aspramente criticato «Garrone e i suoi», di essere sempre nel giusto? Credo che ancora una volta valga ladagio latino «in media res stat virtus» e cercando di astrarmi dalla mia condizione di «febbre a 90° blucerchiata», ho ragionato sulle statistiche stagionali e ho fatto un gioco: togliendo dalla seconda giornata di ritorno alla tredicesima di ritorno, Ibrahimovic e Trezeguet alla Juventus, Schevchenko e Inzaghi al Milan, Adriano e Cruz allInter, Toni e Pazzini alla Fiorentina, la classifica sarebbe questa: Juventus 71, Inter 62, Milan 61, Fiorentina 51, con lInter davanti al Milan e soprattutto la Fiorentina distantissima dalla Roma a 60 e vicinissima al Chievo a 48. Anche se i valori sostanzialmente non cambiano, nelle prime posizioni, le statistiche dicono che due attaccanti persi in un colpo solo, provocano un danno abbastanza grande alle prime, grandissimo e letale alle medio-piccole e Bonazzoli e Bazzani per noi sarebbero stati tanta manna; ne consegue che forse, il tanto vituperato Novellino, tutti i torti non li ha quando dice con grande tristezza: «mi è mancato il vertice alto»! Poi in effetti «il dopo infortuni» è stato gestito secondo le direttive garroniane, un po al risparmio, e Colombo, Marchesetti e Iuliano non possono rappresentare «i tre acquisti di qualità», e noi tifosi il nostro dissenso lo abbiamo dimostrato civilmente andando a Bogliasco per un duro, ma corretto, faccia a faccia con giocatori e società.
Quindi sembrerebbe da questa mia disamina, che tutti abbiano ragione, Massimiliano Lussana e le sue critiche pepate, Novellino e il «suo vertice alto», Primocanale e il suo «cartellino rosso», la Sampdoria e il suo «style», noi tifosi e le sconfitte.
Claudio De Maria
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