Mamma mia!, il riscatto delle splendide sessantenni

Mamma mia è suggestivo e influente come i grandi musical. Vederlo al cinema è un incanto per la bravura degli attori nella recitazione e nell’imperfezione della performance nelle supercanzoni degli Abba

Mamma mia!, il riscatto delle splendide sessantenni

Questo articolo è dedicato agli uomini e alle donne che hanno 50 o anche 60 anni e che si sentono assediati o imbarazzati dal corrente atteggiamento verso la donna sopra i cinquanta. La quale peraltro in genere è oggi piena di vita, attraente, sexy come mai nella storia; a scrivere mi spinge il film con Meryl Streep Mamma mia, di cui certo non mi saprei occupare professionalmente.

Mamma mia è suggestivo e influente come i grandi musical, come Hair, Cats, Jesus Christ Superstar, Cabaret; vederlo al cinema è un incanto per la bravura degli attori nella recitazione e nell’imperfezione della performance nelle supercanzoni degli Abba. Il film è un’americanata, troppo lieve, colorato e allegro per essere significativo? Ma per favore: l’America dello spettacolo leggero, con la musica e le trame apparentemente semplici, è madre di una complessità iconografica e psicologica (basta pensare ai volumi scritti su Via col vento) che l’Europa ha molta difficoltà, saccente com’è, a riconoscere.

Mamma mia è un film che va contro corrente su cose serie. Prima le osservazioni più semplici e poi, con cautela, le spine. Sullo sfondo caricato di ironica grecità troppo azzurra e verde, dell’Isola di Kalocairi, corre veloce ma senza ritmi ossessivi la storia di Donna Sheridan, matura e bellissima «ragazza madre», e di sua figlia Amanda (Sophie Sheridan), giovane promessa sposa che cerca di scoprire, invitandoli tutti alle sue nozze, chi sia suo padre fra tre possibili candidati. Il film salta, balla, canta, è pieno di stunt e di giravolte pericolose. I personaggi, disegnati sempre sorridendo, sono stabili e responsabili e non per questo meno bizzarri: le due amiche di Donna, la lunga e secca Tanya, maniaca delle creme di bellezza, la cicciotta Rosie, che dell’aspetto fisico se ne frega; i tre maschi pigri rispetto ai sentimenti, confusi sul passato e sul presente, rispettabili nella ricerca simbolica del ruolo paterno; i giovani, a partire dai promessi sposi ventenni, non sono trascinati nel sesso, nella droga, nella violenza, nel fumo del niente... vivono la libertà senza ideologismi e stando un po’ in pena.

Il sesso è il grande dilemma, il tema rivelatore del secolo. Lo sanno bene i figli dei fiori, liberati, divorziati, spontanei, soprattutto confusi. Donna, ohibò, è stata con tre ragazzi all’epoca dei figli dei fiori in un giro di tempo molto breve, come accadeva. Ma nel film, attenzione, l’allusione al sesso è pudica. Il sesso c’è, è nei ricordi, è nella vita, è una cosa naturale, viene lodato, fa ridere, fa piangere, ma non viene raffigurato come un idolo. Donna e la memoria vivente della rivoluzione sessuale non a caso è Meryl Streep, attrice femminista per eccellenza.

E veniamo al punto che è qui ultimo ma solo perché per arrivarci dobbiamo respirare profondamente: Meryl Streep, nata nel New Jersey nel ’49, ha 60 anni, e le sue amiche, nel film, forse qualcuno di più. Ma i protagonisti maschi, anche loro molto attraenti e vitali, infilati nel film in una torma di fanciulle ventenni, sono innamorati o implicati sentimentalmente solo con le loro coetanee. Sam (Pierce Brosman) sposa Donna, Bill si accompagna con Rosie. I due non guardano le ragazze se non con occhio paterno e affettuoso.
Ma oggi viviamo, lo voglio dire brutalmente, un periodo in cui molte mogli e compagne cinquantenni e sessantenni vengono abbandonate, o trascurate, o guardate con commiserante condiscendenza mentre il maschio in età avanzata trasporta la sua attenzione, i suoi commenti, a volte la sua intera vita, verso giovani donne. Il fenomeno è di massa, riconosciamolo, ed è la più crudele fra le molte reazioni al femminismo. È una rivoluzione che il cinquanta-sessantenne si volga avidamente, a livelli diversi, verso le ragazzine. La letteratura riporta una così aperta attitudine solo in società in cui le donne siano costrette a accettare delle prepotenze, le giovani nella tradizione classica si concedono ai vecchi solo quando sono obbligate. Nella vita democratica il rapporto d’amore è consegnato alla pluralità dei motivi di un rapporto, come tutto in democrazia: la consuetudine, il rispetto, l’interesse comune e oggi, per fortuna, anche la crescente capacità della donna di essere fantastica e attraente per sempre, come Meryl Streep dovrebbero dettare l’agenda.

Attenzione, non parlo di un piccolo fenomeno: l’esperienza dice che la ferita, l’offesa per questa inaspettata svolta, per questo comportamento inaccettabile che un tempo era degli imperatori e dei don Rodrigo (e le famiglie nascondevano le figlie) oltraggia le donne oltremisura. Una seconda ondata di femminismo potrebbe partire da qui, mamma mia!

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