Mamme sì, ma sempre più tardi

Mamme sì, ma sempre più tardi

Michela Giachetta

Le donne del Lazio amano (presto), si sposano (molto più tardi), fanno figli e lavorano, cercando un equilibrio in mezzo alle loro mille contraddizioni. Donne complesse, come tutte le donne, continuamente dibattute fra l’orologio biologico e l’orologio della società, che ha tempi diversi. Eppure sempre più consapevoli. Di loro stesse e della loro salute.
A parlare delle donne del Lazio è il professor Giovanni Battista Serra, docente di clinica ostetricia all’Università Cattolica e direttore del dipartimento materno-infantile dell’ospedale Cristo Re di Roma, una delle strutture della capitale che negli anni è diventata un punto di riferimento importante per le donne. E ne parla alla vigilia del Congresso nazionale della società italiana di ginecologia e ostetricia che si terrà da oggi e fino al 24 settembre a Bologna, con la presidenza dei professori Domenico de Aloyso e Pietro di Donato.
«Le donne che vivono nella regione non solo sono di più degli uomini (su 5.269.972 abitanti, 2.743.993 sono donne, vale a dire oltre il 52 per cento, ndr), ma vivono anche più a lungo: 82,4 anni di media, contro i 76,9 degli uomini - riferisce Serra - . Il loro primo rapporto sessuale è intorno ai 17 anni, anche se ovviamente non mancano casi di ragazze molto più giovani». Le quali però non sempre sulla contraccezione sono informate come dovrebbero.
«È soprattutto un discorso di conoscenza - sostiene il professore -. Le ragazze che vengono da un ambiente familiare in cui di certe cose si parla, sono più attente e preparate. Le altre, invece, tendono a sottovalutare il problema».
Tanto che è ormai noto che durante il fine settimana nel pronto soccorso cittadino aumentano i casi di adolescenti che chiedono la pillola del giorno dopo. E questo accade anche perché la contraccezione non è diffusa come dovrebbe.
In regione il 18 per cento delle donne non ha mai usato alcun contraccettivo; il 27 per cento ha smesso di usarlo e solo il 55 per cento ne adotta uno, anche di quelli non affidabili, come il coito interrotto. Sopra la media le donne nella fascia d’età tra i 20 e i 34 anni, le diplomate, le laureate e le abitanti della capitale. Solo il 26 per cento delle donne del Lazio, alla fine, usa un contraccettivo sicuro.
E dall’altra parte della barricata, o forse sempre dalla stessa, ma a un’età diversa, vi sono poi quelle che un figlio lo vogliono, anche se sempre più tardi. Secondo i dati dell’agenzia di Sanità pubblica della Regione, nel 2002 le donne che alla nascita del primo figlio avevano un’età superiore o uguale a 30 anni sono state il 53 per cento. Nel 1984 erano appena il 17 per cento. E chi decide di fare un figlio lo fa sempre più spesso utilizzando il parto cesareo: le donne che hanno partorito con questa tecnica (per scelta ma in genere per necessità) nel 2002 sono state circa il 38 per cento; nel 1985 erano solo il 22 per cento.
Ma qualunque tecnica si scelga un altro dato è certo: che nel 2004 sono nati 1542 bambini in più rispetto al 2003, facendo registrare una media di 9,9 bambini ogni mille abitanti (la media italiana è di 9,7).

In particolare nel Lazio il tasso di natalità più elevato si è registrato nella provincia di Roma (10,4 bambini per mille abitanti) e il più basso nella province di Viterbo e Rieti (per entrambe pari al 7,8 per mille abitanti). «E dopo la maternità - conclude Serra - di nuovo la contraccezione. Fino alla menopausa, che le donne accolgono con le loro mille contraddizioni».
Alla ricerca, ancora, di un nuovo equilibrio.

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