Manager e commercialisti nel mirino della Finanza

Imprenditori di tutta Italia nel mirino delle Fiamme Gialle. Gli accertamenti, per presunte violazioni della legge in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, sono coordinati dai pm Francesco Ciardi e Maria Francesca Loy, e costituiscono un filone della più complessa indagine volta a reprimere quella che gli inquirenti definiscono una «tecnologia dell’elusione fiscale», ossia il trasferimento all’estero, specie in Bulgaria e in Inghilterra, di società in stato prefallimentare al fine di evitare i procedimenti di bancarotta fraudolenta. Il codice fallimentare, infatti, prevede che, per le società cancellate da più di un anno dal registro delle imprese italiane, non scatti la procedura di fallimento.
E proprio per individuare e bloccare gli «architetti» della truffa ai danni dell’erario e dei creditori, sono state disposte oltre 60 perquisizioni: i militari della Guardia di finanza hanno passato al setaccio autorevoli studi di commercialisti e sedi di importanti imprese un po’ in tutta Italia. Tra coloro che sono stati raggiunti dagli uomini del Nucleo speciale di polizia valutaria, ci sono anche il presidente della Confcommercio di Roma, Cesare Pambianchi; gli imprenditori Giampiero Palenzona (fratello di Fabrizio, vicepresidente di Unicredit group), Renato Semeraro, Gianmauro Borsano (ex presidente del Torino Calcio ed ex deputato del Psi di Bettino Craxi) con i figli Margherita e Giovanni, tutti operanti nel settore dell’arredamento, e i manager Guido e Michele Di Veroli, attivi nelle costruzioni. Le Fiamme gialle hanno anche controllato le imprese B&S spa, Emmedue srl, Emmecinque srl, Emmelunga srl, Aiazzone Network srl, Visa Diffusione Moda srl, Conad del Tirreno.


Il reato ipotizzato nel fascicolo è quello previsto dall’articolo 11 del decreto 74 del 2000 che punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni «chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a lire cento milioni (circa 50mila euro, ndr), aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva».

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