Manca un file audio: torna libero boss della camorra accusato di omicidio

Festeggerà la Pasqua a casa sua. Libero. Anche se è ritenuto il mandante dell’omicidio di un minorenne, ammazzato come un cane perché non voleva sottostare alla legge dei clan. Ettore Bosti può ringraziare quello che volgarmente si chiama un cavillo, un errore che ha costretto i magistrati ad aprire la porta della cella in cui era rinchiuso da meno di un mese. Non importa. E già fuori. Come pure il presunto killer e come una terza persona, accusata di favoreggiamento. La giustizia a volte assomiglia a una lotteria. Imprevedibile. In questo caso il vulnus che rischia di azzoppare tutta l’inchiesta è una dimenticanza: la mancata trasmissione agli avvocati difensori dei file audio con le intercettazioni telefoniche. Intercettazioni che contribuivano a ricostruire l’incredibile vicenda andata in scena a Napoli l’anno scorso: Ettore Bosti, figlio del boss Patrizio, vuole affiliare alla camorra un ragazzo di 17 anni, Ciro Fontanarosa. Fontanarosa è un malvivente di piccolo cabotaggio, ma non vuole cedere il suo spicchio di libertà. Non vuole entrare nell’organigramma della criminalità organizzata e in sostanza manda a quel paese Bosti. Che, a sentire la Direzione distrettuale antimafia, decide la condanna a morte del giovane. L’incarico viene affidato a Vincenzo Capozzoli, uno dei tanti soldati al servizio dei clan. E Capozzoli porta a termine il compito. Il 24 aprile dell’anno scorso centra Fontanarosa con sette colpi di pistola.
Gli arresti scattano l’8 marzo. Capozzoli e Bosti finiscono in cella e con loro viene arrestato per favoreggiamento Cristian Barbato, cugino della vittima e testimone dell’agguato. C’è un pentito, Vincenzo De Feo, e De Feo ha spiegato ai magistrati che Fontanarosa è stato eliminato perché aveva rifiutato la proposta di Bosti. Lui si era specializzato nel furto di orologi e non voleva entrare nel sistema. Così ha detto no a chi non avrebbe mai accettato un affronto del genere. Uno sfregio ad un sistema di potere. È un’indagine da manuale.
Le carte lo dimostrano. Ma nel fascicolo destinato agli avvocati non c’è traccia dei file audio delle telefonate intercettate. Il vizio di forma viene segnalato al tribunale del Riesame di Napoli che immediatamente dichiara l’inefficacia dell’ordinanza di custodia.

I giudici corrono ai ripari e preparano un cerotto volante: un fermo per tamponare la ferita. Ma il gip respinge il provvedimento. Le manette sono carta straccia. Uno alla volta i tre escono. L’ultimo è Bosti. Giusto in tempo per Pasqua.

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