Mancini: «Nervi saldi Se finiamo in undici battiamo lo Spartak»

Riccardo Signori

nostro inviato ad Appiano Gentile

Serata da roulette russa. In tutti i sensi. Davanti c’è lo Spartak Mosca, un colpo basso e l’Inter è spacciata per il resto della Champions. «Partita da dentro o fuori», dice Javier Zanetti capitano di buon senso, senza bisogno di ricorrere ad una originalità che non gli appartiene. «Conta vincere, partita da prendere con le molle», riassume Mancini che sta imparando l’arte del fachiro su un letto di chiodi. Sono finiti i tempi del romantico bel giocare. Resta solo la necessità di un risultato. L’Inter è il solito calderone ribollente, non c’è giorno in cui non s’affacci un problema: l’altro ieri Ibrahimovic e il suo sputo, ieri Adriano e la sua depressione psico calcistica, oggi la necessità di segnar gol e vincere. Altrimenti la Champions diventa la solita incompiuta. «Bastano 10 punti per qualificarsi», ha fatto di conto l’allenatore. Ovvio, direbbe chiunque. Ma con l’Inter nulla è scontato: 10 punti potrebbero anche non bastare. La partenza è stata disastrosa: due sconfitte più o meno con la stessa regia, nervi scoperti e squalifiche che sono volate. Lo Spartak non sta molto meglio: un solo punto contro lo Sporting e un mastodontico 4-0 subito dal Bayern nella prima giornata. In Europa non segna in trasferta da 193 minuti. «Ma è una squadra tosta, gioca bene. A Monaco ha chiuso il primo tempo in pareggio ed ha sfiorato il gol più volte», suggerisce il tecnico. «Ecco perché conta solo vincere: per tornare alla normalità in classifica. Poi è soggettivo pensare che una squadra giochi male o bene».
Magari conterà di più giocare in undici. Finora l’Inter di Champions non è riuscita a finire una partita come consente la regola del calcio. A Lisbona è rimasta senza Vieira. Contro i tedeschi senza Ibra e Grosso, stasera in tribuna. Mentre il francese si ripresenterà a rinforzare un centrocampo con gli uomini contati. Tutto vale per un alibi, che Mancini ha acchiappato al volo: «Continuo a pensare che abbiamo perso solo perché siamo rimasti in dieci: a Lisbona per 25 minuti e contro il Bayern quasi per 40». Morale: nervi saldi. «Diventa difficile se non si finisce mai in undici», ha soggiunto Zanetti.
Ma all’Inter un problema tira l’altro. Branca ha difeso Ibrahimovic dalle battute di Pietro Lo Monaco, amministratore delegato del Catania, che aveva detto: «Gli farei zappare le campagne». Risposta: «Zappi lui,faccia ancora un po’ di gavetta da dirigente e pensi ai suoi giocatori». Moratti continua a metter i giocatori davanti alle loro responsabilità. Quelli rispondono: signorsì. Poi sul campo è tutta un’altra storia.
Ora tutti attorno alla culla di Adriano, bambinello con il pianto facile e il muso lungo. Non segna da una vita, ma soprattutto gioca così male da far venire la depressione a sé ed agli altri. Lunedì non si è allenato e poteva nascere un nuovo caso. La società ha stemperato tutto facendo sapere che era una sosta programmata. Ieri si è ripresentato, oggi forse andrà in campo. Mancini ha evitato ogni tranello. «Di lui non parlo». Ma nemmen dice: gioca di sicuro. Forse glielo imporrà la ragion di Stato. Il tecnico gioca con i dubbi. Dici: ci sarà Julio Cesar? E lui risponde: «Chi lo sa?». Più chiaro su Crespo. «Sta abbastanza bene. Vediamo un po’». Che vorrebbe significare: vediamo se rischiarlo o farlo partire dalla panca.

Più probabile la seconda soluzione, con Cruz e Adriano in campo. Recoba giocherà, ma non si sa quando e per quanto. «Quelli che giocano diano tutto, se non reggono ci sono i cambi». Raccomandazione che sottintende: niente alibi. Solo gol.

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