Maneggio in carcere Per i detenuti il lavoro arriva al galoppo

Maneggio in carcere Per i detenuti il lavoro arriva al galoppo

Edelweiss, Lady e Baby hanno varcato le soglie del carcere di Bollate una settimana fa. Ma la loro sarà una detenzione «speciale». Per diversi motivi. Perché non hanno commesso alcun reato, perché saranno costantemente sorvegliati da una dozzina di detenuti e perché «Edelweiss», «Lady» e «Baby» non sono il soprannome di qualche malvivente, ma il nome di battesimo di tre splendidi cavalli. Come si spiega il tutto?
«I cavalli - racconta Lucia Castellano, direttrice del carcere di Bollate - rappresentano una reale possibilità per i detenuti di “andare oltre il muro” del disagio sociale. Per noi è un'esperienza innovativa nella quale crediamo molto. È un'occasione per i detenuti per imparare un lavoro e nello stesso tempo un'occupazione che può aprire spazi per un nuovo inserimento nella società». E allora, via all’iniziativa «Cavalli in carcere», fortemente caldeggiata dalla Fise, la Federazione Italiana Sport Equestri. Il progetto, che conferma l’eccellenza della Casa di Reclusione di Bollate nel recupero e nel reinserimento in società dei detenuti, comincerà nella seconda metà del mese di marzo con una dozzina di carcerati. All’interno del carcere saranno ospitati tre cavalli e due pony per i quali è stato allestito un vero e proprio maneggio con un recinto di 600 metri quadrati, quattro box per gli animali e due strutture adibite al rimessaggio delle attrezzature. Un investimento di oltre 70mila euro che, nell’arco di sei mesi, formerà le figure professionali dell’artiere e dell’assistente tecnico della riabilitazione equestre. Sellare un cavallo, pulirlo, strigliarlo e aiutarlo a uscire da una malattia: competenze che, una volta in libertà, permetteranno ai detenuti un sicuro reinserimento in società. «Questo - spiega Luigi Pagano, provveditore delle carceri lombarde - è un investimento in termini di sicurezza della società. Puntiamo ad un’umanizzazione della pena che permetta al detenuto di imparare un mestiere che lo tenga “lontano dai guai” una volta uscito dal carcere».
Tre cavalli quindi che assumeranno una valenza vitale per i detenuti.

«Una piccola luce - le pittoresche parole del paroliere Mogol - che potrebbe illuminare un’intera città. Perché il carcere, d’ora in avanti, non significhi più noia e solitudine, ma possa ergersi a simbolo di una rinascita interiore».

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