Mangiare (e bere) sui tetti della città

Pranzi e cene ad alta quota: si moltiplicano i ristoranti con vista sullo skyline e i panorami metropolitani

Mangiare (e bere) sui tetti della città

Milano dall'alto, tra vecchi simboli e il nuovo skyline, ha un fascino diverso da Roma vista dalle terrazze modello «La Grande Bellezza» o di Napoli con il mare sullo sfondo. È un panorama di grande impatto, contemporaneo, internazionale: migliorato grazie a Expo e che si può ammirare anche (e soprattutto) da uno dei locali ad «alta quota» che sono sbocciati - o sono sati rimessi a nuovo - nell'ultimo periodo.

In effetti, con un buon piatto o un drink in mano è ancora più piacevole ammirare la torre Unicredit o la cara vecchia Madonnina. Il più amato dai gourmet è «Asola Taglio Sartoriale», il ristorante al nono piano del Brian & Barry Building: vetrate che spaziano sul centro città, cucina centrale a vista dove officia Matteo Torretta, talento di Rho - già al Savini - che pare aver trovato finalmente il posto giusto. Per le guide invece il migliore resta «Unico», in cima al ventesimo piano della WJC Tower al Portello: meglio ammirare la città in lontananza che il quartiere vicino, ancora ricco di cantieri ma in compenso i piatti dello stellato Felice Lo Basso e l'ambiente raffinato rendono piacevole l'esperienza.

Se c'è voglia di food & fashion, impossibile competere con «Ceresio 7 Pools & Restaurant»: il nome evoca l'indirizzo dell'ex palazzo Enel ristrutturato, la presenza di due piscine simmetriche e la vocazione del locale, conosciuto anche come valido cocktail-bar. Qui, in un ambiente già finito sui magazine di design in mezzo mondo, si viene per vedere (e farsi vedere) nonché gustare la cucina italiana di Elio Sironi: prenotare sempre. Bellissimo è pure l'«Armani ristorante», giocato su tinte chiare e vetrate enormi, al settimo piano dell'hotel di via Manzoni: da qualche mese, l'executive chef è l'esperto Filippo Gozzoli.

Coin e Rinascente non mancano all'appuntamento: il palazzo in piazza V Giornate propone all'ottavo piano il «Globe» - ristorante classico e bar di successo - mentre il colosso a due passi dal Duomo ha un piano intero (il settimo) dedicato al tema. Si chiama «Food Hall» e oltre ai bar (tra cui un Obikà) e all'emporio, ha il «Maio restaurant» con terrazza davanti alla cattedrale. Dal lato opposto, si vede la piazza dalla sommità dell'Arengario, sedendosi nella verandina di Giacomo, bar e ristorante di un brand tra i più popolari. Ancora una terrazza - affacciata sul verde del parco di Porta Venezia - è la caratteristica del locale al quarto piano del Centro Svizzero.

Non sono in «alta quota» ma piacciono molto altri due locali. Il primo è «Alice», stella Michelin, all'ultimo piano di Eataly e che insieme alla buona cucina di Viviana Varese offre il plus di una vetrata su piazza XXV Aprile. Il secondo è «Michelangelo», nell'area partenze di Linate, accessibile anche a chi non vola. Lo chef Michelangelo Citino serve i piatti in un ambiente di design da cui si ammirano le piste del Forlanini. Originale. E che il giochino sia solo all'inizio lo confermano due aperture a breve che faranno parlare. A fine aprile, debutterà in piazza della Repubblica il primo «Me by Melià», completamente ristrutturato sul vecchio hotel Il Duca. E come vuole la regola del gruppo spagnolo, il Roof Bar - esteso su 600 mq di superficie - sarà il fiore all'occhiello dell'albergo.

L'8 aprile ci sarà il vernissage del ristorante sul tetto della Triennale: il vincitore del concorso - lo studio Obr di Paolo Brescia e Tommaso Principi - ha pensato a una serra con un orto di erbe aromatiche all'ingresso. Circondata da vetrate sarà immersa nel verde e ombreggiata da una tenda scenografica. Il concorso era valido anche per la «firma» della cucina: ha vinto il bresciano Stefano Cerveni, chef-patron del rinomato «Due Colombe» a Borgonato, in Franciacorta. «Il solo fatto di portare i piatti della mia storia e prepararne di nuovi mi dà una carica in più» ha commentato.

Lo capiamo.

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