Manichini impiccati in fabbrica E la provocazione ora fa paura

L’appeso sta a significare la forza del sacrificio, il cambiamento, la rinuncia, la spiritualità. In cartomanzia è una carta positiva. Ma dove i tarocchi cedono il passo alla società civile, ogni appeso è simbolo di giustizia sommaria, rabbia di piazza e piazzale, giacobinismo. E con il clima da caccia al colletto bianco che dalla Francia a Londra sta invadendo l’Europa, trovare venti fantocci impiccati all’esterno di una fabbrica in odore di licenziamenti è un segno che nessun profeta si azzarderebbe a definire un buon auspicio.
Il patibolo in questione è stato allestito nella notte tra giovedì e venerdì a Martignacco, comune di 6mila abitanti in provincia di Udine. Qui sorge una delle due sedi friulane della Safilo, l’azienda padovana produttrice di occhiali. Qui gli accordi sindacali hanno sancito il taglio di 450 dipendenti. Altri 330 verranno messi in esubero nell’altra sede di Precenicco. In questo humus è sbocciata l’iniziativa forcaiola scoperta nella mattina di sabato e raccontata dal Gazzettino: una ventina di pupazzi vestiti con tute da lavoro, appesi a dei cappi e issati sui muri della fabbrica e tra le vie del paese. Ognuno, sotto il palloncino a far da testa, portatore di un messaggio: «Mettiamo in cassa integrazione i politici», «Riconversione e cogestione», «Galera a chi delocalizza», e «Ai calciatori milioni, ai lavoratori dei coglioni». A completare il camposanto ribelle, anche una bara piena di volantini nella piazza principale. Per «lottare contro il capitalismo anonimo-finanziario».
Dietro l’azione dimostrativa nessun no global, nessun neo brigatista, ma il circolo di destra extraparlamentare Utinum et Patria (Udine e Patria), guidato da Alessandro Battistig. Un gruppo che si definisce nazionalista e socialista, apartitico, legato alle posizioni anti-capitalistiche della destra sociale nella perfetta esemplificazione degli «estremi che si toccano». Un gruppo finito pesantemente nel mirino, dato che un’azione così simbolicamente violenta in un momento tanto delicato è quantomeno inquietante.
Tutti, dai sindacati di Cgil e Femca Cisl a Confindustria, hanno condannato un gesto «che più che una goliardata è una vigliaccata», una «provocazione molto pericolosa e inaccettabile» e un «pessimo esempio». E anche i lavoratori Safilo non hanno preso bene l’iniziativa, tanto che sul blog dei dipendenti in agitazione monta la protesta: «Non solo la tensione per la possibile perdita di occupazione - si legge -. Ora ci si mettono anche anonime persone ad alzare il livello di guardia. Siamo arrivati ad avere la Digos in fabbrica. Dove vogliamo portare l’esasperazione?».
Domanda legittima. Perché la sensazione è che così ci si abbandoni a una deriva difficilmente gestibile. D’accordo, Battistig nega ogni intento di apologia di terrorismo («gli impiccati sono gli operai, vittime del mercato e di chi intasca contributi e poi delocalizza, non i manager»), come a dire che non è la stessa minestra di Londra, dove i dimostranti bruciavano manichini in giacca e bombetta; ma spiegare a un disoccupato la differenza tra una provocazione futurista sull’esempio di Casa Pound (l’altra notte anche i circoli di destra di Bologna hanno messo in atto la stessa iniziativa per rivendicare il cosiddetto mutuo sociale) e una reale violenza su un dirigente non è semplice. Soprattutto se si parla alle pance preoccupate più che alle teste razionali.
«I gesti violenti come i sequestri o le devastazioni non servono a nulla - cerca di stemperare Battistig -, ma la disperazione può far sì che le cose degenerino anche in Italia». Soprattutto se dalla denuncia si passa al macabro. Il fatto che «ormai la gente inerte capisce solo questo» è una giustificazione scricchiolante. Perché con lo stesso intento di mettere in atto qualcosa di sempre più scioccante, negli Anni di piombo i gesti dimostrativi si erano trasformati in stragi. Eppure Battistig rimanda al mittente ogni accusa di soffiare sul fuoco: «Macché esasperazione e strumentalizzazione! Tra noi ci sono cassintegrati a cui volevamo tributare solidarietà con un gesto forte ma non offensivo. E infatti abbiamo parlato coi lavoratori, nonostante i sindacati vogliano il monopolio della loro difesa».


Così, cercando di correre in aiuto di chi sta perdendo il posto, ci si dimentica di chi così potrebbe perdere la testa. Perché la carta dell’appeso rappresenta anche una pausa nella fase evolutiva dell’uomo: il ritorno alla barbarie.

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