Barbara Silbe
Vanno e vengono. Ignari. Presi dai pensieri. Catturati da un clic. Facce, smorfie, gesti, portamenti. Ecco la sostanza dellarte di Marco Lanza, fotografo autodidatta, fiorentino, classe 1957, specializzato nel genere del ritratto e nella moda. Mescola entrambi, ritratti e moda appunto, per una ricerca sulla gente comune che di comune ha molto poco. La sua mostra, dal titolo «La sfilata», è ospitata fino al 19 novembre alla Galleria ClicArt, Museo Zucchi Duomo, via Ugo Foscolo 4, spazio cittadino che dedica attenzioni agli autori emergenti e ai nuovi talenti della fotografia, grazie al sostegno dellAgenzia Marka.
Marco Lanza ci propone il quotidiano andirivieni delle persone, inquadrato e fermato per sempre dal suo obbiettivo impietoso. Spontanei, inconsapevoli, in altre faccende affaccendati, tutti siamo sue possibili vittime. La scelta dellautore è quella di posizionare un fondale bianco in una città qualunque, come un manifesto, come un vetrino da microscopio, come in uno studio. E questa la sua strategia per sondare lanimo umano, con ironia e acutezza impagabili. Tu passeggi e finisci in passerella, affrancato da ogni regola, sciolto da pose impostate, mescolato al mondo eppure lì, solitario, davanti alla fotocamera. Ci sono passanti che ci capitano davanti, sostano un secondo, e lotturatore scatta mentre attraversano la strada, incerti, già con in mente il prossimo futuro. Ci sono piccioni che disturbano con un frullare dali. Ci sono ragazze che sorridono e bimbi che corrono, famiglie strillanti e musicisti coloratissimi, bagnanti goffi e velocisti dalle forme plastiche, dirompenti.
Guarda attraverso una lente, Marco Lanza. Si libera del superfluo, decontestualizza, cataloga, concentrandosi su somiglianze e difetti, quasi si trattasse di una natura morta o di una ricerca antropologica. Per il suo graffiante reportage si è mosso tra Miami, Firenze, Marina di Pietrasanta, Tokyo, Livorno, Bergamo e altre località.
E ogni volta è stato un gioco mai fatto prima, dove tutti sono modelli, isolati dal resto, su quel bianco accecante. Congelati, quasi enfatizzati, ritagliati dal mondo per spiegarli meglio, nella spontaneità. Per regalare stupore, emozione, conoscenza. Un bestiario variopinto, divertente, che racconta di noi.
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