Per «il manifesto» è «l’odiato più amato»

da Roma

«L’odiato più amato di tutti». Chi è? Per il manifesto non ci sono dubbi, è lui, Massimo D’Alema. Il quotidiano comunista dedica al presidente dei Ds un ritratto più scuro che chiaro proprio nel giorno in cui il leader espone la sua strategia di battaglia in un forum da due paginate sull’Unità. I suoi baffi sono la posa plastica del partito in questo momento: sospettosi, sorridentemente perfidi. Radar. E così l’uomo che dice «chi attacca me attacca il partito» resta il protagonista sulla carta (stampata) e nel partito. Perché tutti attendono le sue mosse nella direzione dell’11 gennaio e «quando D’Alema parlerà tutti staranno ad ascoltare. In silenzio». Il presidente della Quercia polarizza l’attenzione e le malevoli intenzioni degli avversari interni che prima del Fassino telefonista pianificavano la fine politica del signor Dalemoni. Lo scenario è cambiato e se per il manifesto «non finirà mai di piacere il leader che nella gioventù di comunista non si è sottratto al battesimo della molotov» per i nemici che può contare (e forse vantare) nell’Unione resta un imbarazzo. Al forum dell’Unità si è presentato con lo sguardo accigliato, il discorso tagliente e il tono sprezzante e altero di chi sa di poter sbaragliare gli avversari. Tutti. Quelli nel Palazzo e quelli fuori, giornali in testa. Ha liquidato il Corriere della Sera, lanciato strali sul Giornale e annunciato la querela per il Foglio. Tutti per diverse ragioni nel libro nero di Massimo D’Alema. Neanche un cenno per le ragioni della minoranza interna del partito che - letto il D’Alema furioso - ha già annunciato l’impossibilità di un accordo unitario.


L’uomo è fatto così e il manifesto ne ricorda la memorabile frase che parafrasando Rino Formica suonava così: «La politica è sangue e merda. Del sangue me ne occupo io, al resto pensateci voi... ». L’11 gennaio più che una direzione, si annuncia un’orazione. La sua.

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