Manitù Scalfari tira la volata a Franceschini

Caro Granzotto, lei ha scritto che «sull’onda delle primarie» Franceschini sarà il prossimo segretario del Partito democratico. Io invece ho sempre letto che ce l’avrebbe fatta Bersani. Cos’è, lei è più addentro alle segrete cose o tira a indovinare?
Roma

In genere tiro a indovinare ma stavolta ho le pezze d’appoggio. Bersani aveva tutte le carte del mazzo in mano, il re di bastoni compreso. E il re di bastoni è Massimo D’Alema, suo sponsor nella corsa alla segreteria del Piddì. Purtroppo per lui (ma non è detto, come vedremo in seguito) ha mollato gli ormeggi la Pötemkin di Largo Fochetti. E da qualche tempo a questa parte sono le sue bocche di fuoco a fare la storia (della sinistra), caro Canonica. La bordata l’ha sparata Manitù in persona, ovvero Eugenio Scalfari, il quale ha buttato là che sarebbe conveniente, per il Partito democratico e di conseguenza per il Paese, rivedere le regole di ingaggio: alle primarie che si terranno domenica 25 deve vincere non chi rastrella il cinquanta per cento dei suffragi giocandosela poi nel ballottaggio se non dovesse raggiungere quella magica soglia. Ma chi dei tre candidati - Bersani, Franceschiello e quella gnagnera di Marino - arraffa più voti in assoluto. Un escamotage che spianerebbe la strada a Franceschini mettendo ovviamente fuori gioco la gnagnera e Bersani, che in caso di sprint si vedrebbe privato delle sue armi più efficaci: il controllo delle tessere e il consumato mestiere del suo sponsor, Massimo D’Alema, nell’arte della cospirazione. Al ballottaggio il buon Bersani ce l’avrebbe anche potuta fare (di Marino neanche parlarne), ma non certo quando la gara è alla «o la va o la spacca». E questo perché il 40-50 per cento di coloro che si recano ai banchetti per esprimere la propria preferenza in quella gioiosa burla democratica che sono le primarie, è costituito dai lettori della Repubblica. Bravissima gente, molto «impegnata nel civile», su questo non ci piove, ma che si beve D’Avanzo o Maltese fino ad andarsene in cimbali. E siccome il candidato dei repubblicones è Franceschini, loro Franceschini votano, disciplinatamente. Il restante 60 per cento degli elettori primarioli dividerebbe le sue preferenze fra i tre ed ecco la ragione per cui in caso si richieda la maggioranza semplice Franceschini ne uscirebbe trionfatore. Tutto ciò in teoria, perché è ben noto che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. E che coperchi! È chiaro come il sole che l’elezione di Franceschini a capataz della sinistra rappresenterebbe il più bel regalo dell’incipiente Natale. Un’isterica e saputella nullità alla guida dell’opposizione consentirebbe al Cavaliere e ai suoi eventuali successori di dormire a lungo, molto a lungo, fra due guanciali. Purtroppo, però, incombe una minaccia. È vero che La Repubblica fa e disfà la politica della sinistra indicando di volta in volta chi ne debba stare alla guida e chi al governo quando gli elettori glielo consentono. Ma sarà la iella, saranno le stelle, sarà che non ne azzeccano una, tutto ciò che i repubblicones impongono alla sinistra - programmi, organigrammi o uomini - va a finir male.

Quello che schioccano a Largo Fochetti è un bacio della morte, caro Canonica, è il viatico per la disfatta. E così, essendo il loro portar rogna un appannaggio consolidato, ho paura che Franceschini non abbia scampo e il suo scalpo vada ad aggiungersi ai molti che fanno bella mostra di sé in Largo Fochetti.

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