da Milano
Un filo rosso lungo trentanni. Dagli anni di piombo a oggi, vecchie e nuove Br marcano la continuità. Ideologica, ma non solo. Esiste un legame materiale, infatti, tra il Partito comunista politico-militare (di cui fanno parte i 15 presunti terroristi arrestati il 12 febbraio), e la storica colonna brigatista «Walter Alasia». Due armi, tra quelle rinvenute dalla polizia nel Padovano e attribuite agli indagati. Due pistole che, secondo gli inquirenti, fecero parte dellarsenale in mano al gruppo fuoriuscito dal Partito armato nel 1982, e nato nel 1976 dopo la morte del giovane terrorista (era il 15 dicembre) caduto in un conflitto a fuoco con le forze dellordine a Sesto San Giovanni.
La perizia. È questa la conclusione a cui sono giunti i tecnici incaricati dalla procura di Milano. Stando alla perizia, consegnata nei giorni scorsi al pubblico ministero Ilda Boccassini, quelle due armi - che tuttavia non risulta abbiano mai ucciso - appartennero alla colonna milanese responsabile degli attentati contro Renato Briano (12 novembre 1980), direttore del personale della Magneti Marelli, Manfredo Mazzanti (28 novembre 1980), direttore tecnico della Falk, e del direttore sanitario del Policlinico di Milano Luigi Marangoni, e furono il frutto di furti in armerie commessi nei primi anni 80. Da allora ai giorni nostri, la minaccia potenziale era nascosta in due bidoni sepolti nei campi di Bovolenta, a una manciata di chilometri da Padova. Un kalashnikov, una mitraglietta Uzi, una Skorpion, una pistola Sig Sauer e una Colt attribuite dagli inquirenti ai cinque presunti neo-brigatisti che presero parte allesercitazione di fuoco del 19 novembre dello scorso anno (Bortolato, Latino, Ghirardi, Toschi e Rossin), ma che potrebbero essere passate tra le mani di altri complici. E, proprio per chiarire questo aspetto, la Procura ha chiesto che venga eseguito il test del Dna sui 15 arrestati.
Una ricostruzione, quella dei periti, che a posteriori sembra rimandare alla telefonata che il 13 febbraio - il giorno successivo agli arresti - arrivò alla redazione milanese del Corriere della Sera. «Devo dare un comunicato delle Brigate Rosse - aveva detto al telefono la voce anonima -. Nulla resterà impunito, e la bandiera che è caduta labbiamo ripresa in mano. Colonna Walter Alasia».
Proiettili contro Forza Italia. Il 12 marzo 2003, la sede milanese di Forza Italia fu oggetto di un attentato. Colpi di arma da fuoco vennero esplosi contro le vetrate antisfondamento della palazzina di viale Monza. Un atto dimostrativo e intimidatorio contro il partito dellallora premier Berlusconi. Nessuna vittima, né ci furono feriti. Ma lallarme politico fu grande. Unazione rivendicata il giorno successivo dai «Nuclei comunisti rivoluzionari», in una lettera che preannunciava la costituzione del Partito comunista politico-militare. Ossia, le nuove Br. Ora, la perizia scientifica stabilisce che quei proiettili provenivano da una delle armi rinvenute a Bovolenta. Dunque, gli inquirenti ritengono che dietro lattacco alla sede regionale di Fi ci fossero i neo-brigatisti arrestati a febbraio. Una conclusione a cui era giunto anche il giudice per le indagini preliminari Guido Salvini. Lintuizione era contenuta nellordinanza di custodia cautelare firmata nel febbraio scorso. «Appartiene probabilmente a questa fase (lattività delle nuove Br a partire dalla seconda metà degli anni 90, ndr) - scrive il gip - il piccolo attentato commesso a Milano nella notte tra l11 e il 12 marzo 2003 ai danni della sede di forza Italia, rivendicato con un volantino in cui si faceva riferimento a 10.100.1000 nuclei per la costruzione del Pcp-m».
Lanello. Vecchie e nuove Brigate rosse, dunque, vivono di contiguità ideologica e continuità «militare». E in questa linea si innestano alcune personalità che sembrano interpretare il ruolo di «trait dunion» tra passato e presente.
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