RomaIl via libera di Benedetto XVI alla beatificazione di Pio XII non intende in alcun modo «limitare la discussione» su di lui perché la Chiesa, quando beatifica «un suo figlio», non «celebra» le particolari opzioni storiche che ha compiuto. Lo ha precisato ieri, in una lunga nota, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, per mandare un segnale distensivo alla comunità ebraica in vista della visita che Ratzinger compirà alla Sinagoga di Roma il 17 gennaio. Un segnale apprezzato dal mondo ebraico sia in Italia che allestero.
Il portavoce vaticano ha espresso comprensione per lalta sensibilità del pubblico ebraico rispetto a tutto ciò che riguarda lOlocausto e ha spiegato che quando il Pontefice firma un decreto sulle «virtù eroiche» di una persona per la quale è stata introdotta la causa di beatificazione, conferma la valutazione positiva e attentamente vagliata della Congregazione delle cause dei santi, attestando che «il candidato ha vissuto in modo eminente le virtù cristiane e ha manifestato la sua fede, la sua speranza, la sua carità, in grado superiore a ciò che si attende normalmente dai fedeli». Naturalmente «si tiene conto in questa valutazione delle circostanze in cui la persona ha vissuto», ma la valutazione «riguarda essenzialmente la testimonianza di vita cristiana data dalla persona, il suo intenso rapporto con Dio e la continua ricerca della perfezione evangelica» e non la valutazione «della portata storica di tutte le sue scelte operative».
Come affermò nel settembre 2000 Giovanni Paolo II, beatificando Pio IX il Papa discusso per il suo atteggiamento verso il Risorgimento «ogni santo non è sottratto ai limiti e condizionamenti propri della nostra umanità. Beatificando un suo figlio, la Chiesa non celebra particolari opzioni storiche da lui compiute». Dunque, spiega Lombardi, la firma di Ratzinger «non intende minimamente limitare la discussione circa le scelte concrete compiute da Pio XII nella situazione in cui si trovava». Il portavoce della Santa Sede ribadisce il giudizio della Chiesa sulla prudenza tenuta da Papa Pacelli negli interventi pubblici, una scelta compiuta, «con la pura intenzione di svolgere al meglio» il suo servizio «di altissima e drammatica responsabilità»; e non manca di ricordare «lattenzione e la preoccupazione di Pio XII per la sorte degli ebrei», peraltro «largamente testimoniate e riconosciute» anche da molti israeliti. Ma «la ricerca e la valutazione degli storici nel loro campo specifico» rimane aperta. Occorreranno peraltro ancora alcuni anni per terminare il lavoro di catalogazione delle carte relative al pontificato pacelliano rendendoli consultabili agli studiosi, anche se ben dodici volumi di quei documenti sono già pubblicati da molti anni. Lombardi precisa quindi che la promulgazione congiunta dei decreti riguardanti Pacelli e Wojtyla non significa un collegamento tra i due processi, che non saranno abbinati e seguiranno ciascuno il proprio iter. «Non vi è quindi nessun motivo di ipotizzare uneventuale beatificazione contemporanea». Infine, ricordando «le disposizioni di grande amicizia e rispetto» di Benedetto XVI verso il popolo ebraico, smentisce che la firma del decreto su Pio XII possa essere letta «come un atto ostile contro il popolo ebraico».
Positive le prime reazioni ebraiche. Il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, apprezza «la tempestività e lattenzione del Vaticano» e giudica la nota «un opportuno segnale distensivo»: «Sono importanti sia la distinzione dell'aspetto religioso della questione da quello storico, sia la precisazione che la causa di beatificazione avrà un suo iter indipendente.
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