Fabrizio Ravoni
da Roma
Sulla fiducia al decreto fiscale e sulla Legge finanziaria, il Senato applica il gioco del cerino: a chi si brucia prima. Tommaso Padoa-Schioppa la ritiene «inevitabile». Ma la previsione del ministro dellEconomia non è legata allatteggiamento dellopposizione; bensì alle dimensioni della manovra. «È ampia e complessa e i tempi sono stretti», commenta il ministro. Ne consegue che può essere varata solo con il voto di fiducia.
Padoa-Schioppa fa capire che la scelta di fare una manovra da 220 articoli (oggi di 16 articoli e 826 commi) è stata fatta dal governo in chiave propedeutica al voto di fiducia. Non a caso, nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio ha più volte motivato il ricorso alla fiducia per «evitare lesercizio provvisorio». Ma lesercizio provvisorio scatta solo se la manovra non viene approvata entro il 31 dicembre. Rischio che il governo ha cercato e voluto con una Finanziaria «così ampia». E per scongiurarlo non ha altro mezzo che la fiducia.
Fiducia che il governo chiederà a Palazzo Madama anche sul decreto fiscale. Per evitarla il centrodestra ha rinunciato a tutti gli interventi, così da discutere in tempi rapidi i 100 emendamenti presentati (la maggioranza ha presentato solo ordini del giorno sul provvedimento). Nonostante questo, è assai probabile che pure sul decreto si arrivi alla fiducia. «Così verrà dimostrato che verrà chiesta - spiega Renato Schifani, presidente dei senatori di Forza Italia - contro la propria maggioranza».
Largomento è stato al centro ieri sera di un incontro fra Prodi e Padoa-Schioppa, presente Vannino Chiti, a Palazzo Chigi. A far diventare in discesa la strada della fiducia ha contribuito anche lannuncio di Franco Marini di far iniziare oggi la sessione di bilancio. In questo modo, di fatto, si rischia lingorgo istituzionale al Senato: due provvedimenti che devono essere approvati in tempo breve. E ovviamente, il decreto fiscale devessere approvato prima della manovra; che dovrà essere licenziata dallassemblea di Palazzo Madama entro il 21 dicembre prossimo.
A deporre a favore della fiducia sul decreto anche le prese di posizioni di Gianfranco Morgando. Il relatore di maggioranza sulla Finanziaria ha anticipato (quando ancora lassemblea di Palazzo Madama non ha iniziato a votare un solo emendamento) che il decreto fiscale verrà approvato così comè. E che il recepimento degli ordini del giorno della maggioranza, troveranno spazio nella Legge finanziaria.
E a questo punto entra in rotta di collisione con Padoa-Schioppa. Il ministro ricorda al relatore di maggioranza che anche gli ordini del giorno devono essere coperti da un punto di vista finanziario. Quasi un «altolà» alle richieste del Senato.
Questo degli ordini del giorno «con copertura», però, non è lunico battibecco fra i due. Morgando, infatti, ha ripreso il ministro che laltro giorno aveva detto che, per rispettare gli impegni europei, sarebbero bastati 15 miliardi di manovra. «È falso», è il secco commento del relatore di maggioranza.
Intanto, si sono aperte nei corridoi di Palazzo Madama le schermaglie fra governo e senatori sugli emendamenti alla Finanziaria. Il sottosegretario allEconomia Nicola Sartor mette le mani avanti: le modifiche saranno limitate e tutte introdotte durante la discussione in commissione Bilancio. Sartor, però, non fa i conti con Alessandro Bianchi. Il ministro dei Trasporti scopre che i fondi per la sicurezza stradale sono stati ridotti dalla Camera da 270 a 90 milioni. Per ripristinare i fondi, il ministro chiede lintervento di Franco Giordano «per reintegrare le risorse».
Quella di Bianchi, però, non è lunica «scoperta» di come è cambiata la manovra.
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