Roma - I risparmi sono limitati, in particolare se si confrontano con quelli che porterebbero altre ipotesi che fanno parte del menu della Ragioneria dello Stato. Ma la stretta sulle pensioni ormai è più di una possibilità in attesa del vaglio politico.
Ieri il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha detto che quelle uscite ieri sui giornali «sono solo voci». Generalmente le notizie sulla previdenza sono accompagnate da smentite ufficiali e durissime del ministero del Welfare se non di Palazzo Chigi. Questa volta, no. Il fatto è che un’altra stretta sulla previdenza manderebbe un messaggio di affidabilità ai mercati e alle istituzioni internazionali, quindi serve.
I contorni dell’intervento sono sempre più definiti. La misura più importante è l’anticipo al 2013 dell’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita, previsto da quella che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha definito più volte la più importante riforma previdenziale d’Europa. Il primo scatto di tre mesi c’è già stato nel 2010, il prossimo era previsto per il 2015. La manovra di fine giugno dovrebbe quindi anticipare gli effetti di due anni, non solo per il prossimo scatto, ma anche per i successivi, dando più stabilità ai conti della previdenza e portando risparmi di circa un miliardo nel biennio. Difficile misurare il risparmio dell’innalzamento dell’età pensionabile delle donne del settore privato a 65 anni, con un meccanismo simile a quello delle dipendenti pubbliche, quindi graduale.
Esclusa un altra misura anticipata ieri, cioè un anticipo anche dell’adeguamento dei coefficienti, questo previsto dalla riforma Dini, che avrebbe comportato un taglio degli assegni e un risparmio di 1,5 miliardi. Certo, invece, l’aumento dei contributi previdenziali dei collaboratori al 33 per cento (che porta risparmi di circa 350 milioni di euro) e anche lo stop all’adeguamento delle pensioni d’oro, dal quale dovrebbero arrivare 150 milioni. Anche in questo si tratta più di un segnale politico che di una misura per fare cassa.
Il grosso dei risparmi della manovra da 43 miliardi arriverà degli interventi su enti locali (tre miliardi), sanità e tagli ai ministeri (entrambi 5 miliardi). Quelli sulla sanità riguardano in particolare il passaggio ai costi standard e una stretta sulla spesa farmaceutica. E proprio su questo capitolo ieri è scoppiata la protesta delle Regioni. «Non possiamo più attenerci alle indiscrezioni. Siamo preoccupati da un metodo che rischia di portarci alla manovra attraverso la lettura dei giornali. Per noi non è accettabile», ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani, annunciando che i governatori non parteciperanno alla Conferenza Stato-Regioni fino a quando non ci sarà l’incontro. «Vogliamo fare - ha spiegato Errani - una discussione seria. Insieme, governo e Regioni, devono dire quali sono i livelli essenziali da garantire ai cittadini e, sulla base di quello, stabilire i finanziamenti».
Nei prossimi giorni ci sarà anche l’incontro con i sindacati. La convocazione è attesa nelle prossime ore. Nei giorni scorsi Cisl e Uil hanno lanciato l’ultimatum al governo sulla riforma fiscale, ma non hanno messo in dubbio la necessità della manovra.
Ieri, in realtà, anche i due sindacati riformisti hanno detto no a nuovi interventi sulle pensioni. Il leader della Cisl Raffaele Bonanni ha ricordato che «c’è già stata una stretta sulle pensioni». La Cisl è totalmente contraria all’aumento dell’età pensionabile delle donne nel privato. E su questa decisione è disposta a rompere con il governo.
Favorevole Confindustria. «Aumentare l’età pensionabile credo sia corretto. Tutta Europa si sta muovendo in questa direzione. Si tratterebbe solo di anticipare di alcuni anni una riforma che é già stata definita l’anno scorso», ha detto la presidente della confederazione Emma Marcegaglia.