Mantova ci ripensi e inviti Franceschini

di Alessandro Gnocchi

Carissimi organizzatori del Festivaletteratura di Mantova, ci rivolgiamo a voi perché è in vostro potere restituire la serenità a un uomo che l’ha perduta. Fatelo dunque senza esitare. Non rinunciate a compiere una buona azione: invitate lo scrittore Dario Franceschini, vittima (a suo dire) di un’antipatica discriminazione. L’ex leader del Partito democratico ha bussato alla vostra porta in cerca di ospitalità ma voi avete crudelmente bocciato la sua autocandidatura. E tutto questo, dice lui, «perché sono un politico, se avessero detto perché il romanzo era scritto male me la sarei presa meno». Un altro non se la sarebbe presa proprio ma il povero Dario, essendo di sinistra, ha «aperto un dibattito» su Facebook. Ahimè, alcuni partecipanti hanno manifestato una certa soddisfazione nel vedere un membro della casta «perdere almeno per una volta».
Voi che compilate il calendario mantovano, mettetevi una mano sul cuore e accogliete la nostra supplica. Un buco si trova, va bene anche all’ora di pranzo sotto il sole rovente in una piazza defilata. Non c’è motivo di escludere Dario. Ridategli il sorriso. Le sue qualità letterarie, in particolare dell’ultimo libro Daccapo (Bompiani), sono al di sopra di ogni sospetto. Lo certificano lodi di autorevoli critici come Concita de Gregorio («Mi sono trovata dentro a un meccanismo perfetto di luci e ombre, di bene e male che si contaminano»), Corrado Augias («Non sono rari in questo libro risvolti di tipo teatrale. Ce ne sono un paio che a me sono sembrati proprio di stampo pirandelliano») e Jovanotti (che vorrebbe Dario autore a tempo pieno, lontano dal Parlamento. Un gran complimento, a meno che non sia un trucco per liberare il Paese da un po’ di zavorra).
Veniamo alla politica, cari organizzatori.

Perché lasciare a casa l’ex segretario di un partito i cui sostenitori sono protagonisti della manifestazione dal primo all’ultimo giorno? Con temeraria fantasia avete chiamato Don Gallo, Corrado Augias, Lella Costa, Gherardo Colombo, Serena Dandini, Enrico Deaglio, Gad Lerner, Vito Mancuso e i soliti noti. È un’impresa trovare un ospite italiano, o un cerimoniere, che non sia in qualche modo ascrivibile alla sinistra. Senza ironia, ha ragione Franceschini: perché loro sì e lui no?

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