María Rafols

Nacque nel 1781 a Villafranca del Panadés, vicino a Barcellona, sesta dei dieci figli di un mugnaio. Sei fratelli le morirono presto, poi mancò anche il padre. Dopo gli studi in collegio a Barcellona, si aggregò a una confraternita creata dal cappellano dell’ospedale, Juan Bonal, per assistere i malati più abbandonati. Nel 1804 il sacerdote si spostò nell’ospedale di Saragozza e là fu raggiunto dalla giovane María con undici compagne. Si trattava di occuparsi anche dei piccoli orfani malati, dei dementi e degli incurabili in balia di salariati malpagati e svogliati. Regnavano l’incuria e il menefreghismo, quando non le ruberie e gli abusi veri e propri. Nel 1808 cominciò il terribile assedio di Saragozza da parte dei napoleonici. Fu una mattanza indescrivibile e anche l’ospedale finì distrutto. La Rafols perse nove compagne e osò presentarsi nell’accampamento nemico per chiedere una tregua onde raccogliere i feriti. La sua intercessione ottenne anche salva la vita a non pochi prigionieri. Ma, caduta la città, gli occupanti per prima cosa mandarono in esilio don Bonal, poi imposero alla Rafols e alle sue compagne di obbedire alle regole imposte dalla giunta militare. La Rafols aveva in animo una congregazione religiosa, ma venne deposta da chi voleva quelle donne a esclusiva disposizione dell’ospedale.

Solo nel 1824 riuscì a ottenere i permessi per le sue Suore di Carità di Sant’Anna. Ma scoppiò la prima guerra carlista (tra cattolici e liberali) e fu arrestata nel 1834. Esiliata a Huesca, potè tornare solo nel 1841. Morì nel 1853. Oggi una via di Saragozza le è intitolata.
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