Maranello a lezione da Ross Brawn

È inutile insistere: quel che manca alla Ferrari è soltanto uno stratega. Ma non uno stratega e basta, bensì un uomo forte, che, una volta presa una decisione, abbia la forza o il potere - se non il coraggio - di imporla. Non a caso, chi ha vinto la più sonora battaglia di Silverstone? Proprio quel Ross Brawn che ha rappresentato la grande guida tecnica di Schumacher. Pensate, un Barrichello addirittura terzo, dopo lunghe dimostrazioni di arretratezza della Honda. Certo, un gran premio con tanta mutevolezza di condizioni richiede anche un apporto di chi sta al volante, giudice ultimo. Purtroppo, i piloti della Ferrari sono molto carenti da questo punto di vista e preferiscono lasciar decidere a chi dal muretto avrebbe buone capacità di valutazione, ma nessuna voglia di prendersi delle responsabilità pesanti. Eppure, non si può affermare che nella postazione della McLaren vi sia il re di tutte le tattiche: basta un normale tecnico, con un po’ di buon senso e un po’ di esperienza, per evitare errori.
Poi, ci pensa un guidatore veloce e determinato come Hamilton, pur considerato ancora alle prime armi, per il suo secondo anno di Formula 1, a mettere tutti in riga. Ad iniziare da una partenza scaltra, per procedere con un ottimo sorpasso a Kovalainen e con una resa sempre superiore a parità di pneumatici. Questi ultimi, per regolamento, si chiamano soltanto «wet-weather» oppure «extreme-weather»: bastava soltanto considerare che il primo tipo, al 35% della distanza, aveva un proprio consumo e che una sostituzione non costava nulla.

Bastava anche pensare ai tre «pit stop», vantaggiosi in un determinato arco di peggioramento (Honda «docet»), e, comunque, azzardabili con un Raikkonen in caduta libera e con un Massa in vena di sei testa a coda ed una sosta forzata.

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