Marchesi riapre a Milano il ristorante del dopo Scala

Il Marchesino al posto dell’ex Biffi: «Basta con le sciocchezze: la ricreazione in cucina è finita»

Marchesi riapre a Milano il ristorante del dopo Scala

Da Milano a Milano, sedici anni dopo, passando per Erbusco (Brescia), Roma, Londra, Parigi e Cannes, «da un semi-interrato al ristorante della Scala» per dirla con le parole di Gualtiero Marchesi che a 78 anni compiuti raddoppia per l’ennesima volta e al ristorante medagliato in Franciacorta affianca - oggi l’apertura ufficiale - il Marchesino.
Trovarlo è facilissimo: guardando il teatro, sulla sinistra proprio dopo una tempo splendevano le stelle di Alfredo Valli e del Biffi Scala. Circostanza curiosa: a Milano brillano tanti allievi del Divino come Carlo Cracco, Andrea Berton, Davide Oldani, Pietro Leemann, Ernst Knam. «Manca solo Paola Budel, ma non mi considero un maestro, piuttosto un apripista che trent’anni fa ha dato uno scrollone alla cucina italiana e poi è successo quello che è successo». Ovvero la Nuova Cucina e il Raviolo Aperto, i Sushi all’italiana e il Risotto Oro nel locale in via Bonvesin de la Riva a Porta Vittoria.
I ricordi: «Lo lasciai a Natale ’92. Era la Milano di Tangentopoli e della prima guerra del Golfo. Si respirava una brutta aria e io avevo fatto pure un bagno di sangue aprendo all’ultimo piano della Rinascente. Mi trasferii in Franciacorta e adesso rieccomi con l’ennesima mia marchesinata».
Ieri lo hanno salutato il sindaco Letizia Moratti e gli assessori Maiolo e Sgarbi, tanti amici e diversi cuochi: «Lei è Mirella Porro, sta ad Alassio. Inserirò presto una voce del menù che si chiamerà qualcosa come I piatti degli amici e ci saranno, accanto al Salmone con acetosella di Pierre Troisgros e ai Gnocchetti in brodo di Spigaroli, i Calamaretti con patate di lei, peccato che nessuno faccia altrettanto con me».
Settantott’anni, un fiume in piena: «Qualche anno fa mi venne chiesto se sarei mai tornato a Milano e risposi che lo avrei fatto solo se mi avessero dato il Duomo o lo Sforzesco. Sono alla Scala, situazione perfetta per me che vivo di musica. Il futuro? Orario continuato, dalle 7.30 a mezzanotte. Posso dire che la ricreazione è finita e che non si deve più giocare a mettere cazzatine nel piatto.

Lo stesso Ferran Adrià in Spagna non sa più cosa fare. Disegnare punti, righe e virgole con la salse non è cucina e poi quei cuochi con le sonde: per capire se un fagiano è cotto devono infilargli un termometro nel sedere». In effetti non è poetico.

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