Cronaca locale

Marchesi alla Scala Torna a Milano il re della creatività

Gualtiero Marchesi ha già deciso che regalo si farà per festeggiare, il 19 marzo, il 78° compleanno: un nuovo ristorante e, per di più, a Milano, in pieno centro, accanto a uno dei simboli della città: la Scala. Marchesi, il cui astro cominciò a brillare nell’albergo di famiglia, il Mercato, ormai mezzo secolo fa nel 1957, con piatti come il Pollo alla Kiev e il Filetto alla Rossini con fegatini di pollo (e non foie gras), è famoso soprattutto per quello che seppe fare vent’anni dopo, aprendo nel 1977 in via Bonvesin de la Riva, prima insegna del Buon Paese illuminata dalla Michelin con tre stelle.
Furono quindici anni di meraviglie (un’idea per tutte: il Raviolo Aperto) e di polemiche con chi non sapeva cogliere l’intelligenza marchesiana. Quindici anni e l’addio a Milano per trasferirsi in Franciacorta, all’Albereta di Vittorio Moretti, bel nome nel campo edile, nautico e vitivinicolo, un imprenditore schietto e generoso amico di due grandi padani come Gianni Brera, di San Zenone Po, e per l’appunto Marchesi, nato a Milano ma cresciuto a San Zenone, due fuoriclasse che Milano perdette a fine 1992, il giornalista in un incidente d’auto e il cuoco per i conti economici che non tornavano più, con tangentopoli incalzante e i clienti dai soldi facili che avevano altro a cui pensare.
Di quindici anni in quindici anni, siamo alla nuova svolta. Con il contratto che lo lega a Moretti e all’Albereta fino al 31 dicembre 2008, Marchesi, che il governatore Formigoni un lustro fa avrebbe voluto aprisse nel palazzo Bagatti Valsecchi in via Santo Spirito, ha firmato con la fondazione della Scala per i locali del Biffi Scala, di quello che a lungo fu l’anti-Savini grazie alla classe di Alfredo Valli e che nel tempo sarebbe rotolato sempre più in basso.
«Lo chiamerò Marchesino», ha detto Marchesi che ha idee chiarissime sulla proposta gastronomica: «Non farò il verso alla mia cucina creativa, piuttosto tornerò alle radici, all’epopea di Alfredo Valli quando il cuoco se ne stava in sala per preparare anche il soufflé. Una quarantina di coperti e anche il banco del caffè e la sala da the con la pasticceria, apertura alle 7.30, chiusura all’una e mezza di notte. Poche proposte ma selezionatissime e particolari, che tutti se le ricordano e tornano per gustarle di nuovo. Non ha senso offrire cento cose, che poi spesso si finisce con il farle così così».
E nel piatto tanta tradizione: «Cucinerò, attraverso un mio allievo, uno tra i tanti che ho cresciuto, più Milano che Marchesi, me stesso. Il Risotto giallo sarà senza la foglia d’oro, ci saranno il Rostin Negaa e l’Ossobuco e anche la Cotoletta che però ricompatterò perché ormai la fanno tutti a cubetti (una frecciata all’allievo Carlo Cracco, ndr) e allora è giunto il momento di tornare alla radici».


Ultima curiosità: sarà derby tra il Marchesino e il Trussardi, il locale di Andrea Berton, a lungo vice di Marchesi all’Albereta, e ora separati solo da via Filodrammatici.

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