Chiusi i battenti della terza edizione del campionato mondiale di pesto è momento di riconoscimenti per il suo ingrediente principale: un prodotto rappresentativo ed inimitabile (a dirlo la Comunità Europea e test di laboratorio) ma minacciato da sistemi come l'idrocultura che permettono una crescita più rapida a scapito del sapore e da coltivazioni tunisine, israeliane e spagnole di qualità scadente che spesso finiscono per essere vendute al mercato o servite in un piatto fumante spacciate per liguri.
Una produzione d'eccellenza, invece, quella delle 46 aziende che aderiscono al Consorzio di Tutela del Basilico Genovese Dop. Migliorata ma sempre tradizionale, nel 2009 ha vantato cifre come 20.500 quintali per il mercato della trasformazione e 42 milioni di piantine per quello del fresco, raccolte una per una e cresciute in terrazzamenti o in serra col metodo delle assi di legno. «Il basilico genovese Dop - ha spiegato Mario Anfossi, presidente del Consorzio - viene coltivato solo sul versante tirrenico della Liguria e ha precise caratteristiche come forma, colore, porosità della foglia, profumo e aroma».
Per proteggere l'originale quindi, il consorzio ha presentato ieri in una verde e profumatissima Sala della Borsa il proprio marchio proponendo a ristoratori e operatori gastronomici un semplice patto di filiera per premiare chi, impegnandosi ad utilizzare solo prodotto certificato, decide di puntare sulla qualità e sulla trasparenza.
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