Marchionne alla Consob: «Non svelo gli investimenti»

Con un abbraccio caloroso Sergio Marchionne ed Emma Marcegaglia, al loro primo téte-â-téte dopo lo strappo della Fiat da Confindustria, hanno voluto forzatamente far passare l’immagine di un divorzio senza rancori. E, come largamente previsto, il capo del Lingotto e la leader degli industriali (che passerà alla storia per aver perso il socio di Confindustria più importante), seppur arroccati sulle rispettive posizioni, hanno accuratamente evitato polemiche e frecciate dopo che proprio la Fiat ha fatto da battistrada alla fuga di diverse aziende da Viale dell’Astronomia. «Il rapporto personale con Marchionne è ottimo - ha sottolineato Marcegaglia -, non abbiamo mai litigato». E il top manager: «La nostra decisione di uscire, nulla ha a che vedere con ragioni politiche». Occasione dell’incontro la tavola rotonda sul tema «Produrre in Italia» organizzata dall’Unione industriale di Torino.
Marchionne, che oltre a presentare al consiglio di amministrazione della Fiat i dati della trimestrale, giovedì dovrà rispondere alla Consob sulla richiesta di chiarezza a proposito del piano industriale, ha di fatto anticipato di non avere intenzione di entrare nei dettagli sulle strategie del gruppo. «È impossibile - ha detto, sorpreso della lettera dell’Authority - svelare i piani sito per sito, non è qualcosa che viene fatto dai nostri concorrenti e non può essere richiesto alla Fiat in modo ossessivo per ogni impianto industriale». Quindi, una rassicurazione: «Nel limite del possibile intendiamo mantenere i posti di lavoro che abbiamo in Italia». «Da parte nostra - ha aggiunto - si è fatto di tutto per evitare i licenziamenti. Abbiamo fatto ricorso a 30 milioni di ore di cassa integrazione nel 2009 e, nei casi più difficili, ci siamo impegnati a ricollocare le persone».
E rivolto alla Fiom, che fuori dall’Uniuone industriale aveva organizzato un presidio, ha replicato considerando la posizione del sindacato guidato da Maurizio Landini «preconcetta e anacronistica». «Sono più preoccupati - ha commentato - di tutelare il proprio potere invece degli interessi collettivi. Stiamo vivendo una tirannia della minoranza». «Chrysler - ha ricordato subito dopo - quest’anno farà 2 miliardi di utile e noi stiamo ancora discutendo con la Fiom se possiamo produrre motori a Mirafiori nel fine settimana. Ci dobbiamo solo vergognare». L’amministratore delegato della Fiat e di Chrysler ha snocciolato anche qualche numero, cercando, come suo costume, di sorprendere il mercato in un anno molto difficile: «Nel 2008 la Fiat, che allora includeva anche Fiat Industrial, aveva generato il più alto risultato operativo nei suoi, in quel momento, 109 anni di storia. È un record che, sulla base della guidance, che confidiamo venga rispettata, sarà superato dall’insieme di Fiat e Fiat Industrial».
Infine, il top manager alza nuovamente il tiro e non si fa problemi ad affermare di voler portare il gruppo Fiat-Chrysler al quinto posto della classifica mondiale dei costruttori.

Un salto, in pratica, di due posizioni a scapito, secondo Marchionne, del colosso coreano Hyundai-Kia, il produttore più in forma del momento. «Quest’anno - ha confermato Marchionne - venderemo 4,2 milioni di automobili».

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