La marcia dei miliardari indiani Il re di Bollywood salva Hollywood

Il numero uno del cinema asiatico finanzierà per un miliardo di dollari le case Usa in crisi di liquidità

Per ora Brad Pitt non corre il rischio di dover cantare e ballare al ritmo di musica indù, ma quando lo scorso lunedì Anil Ambani, uno degli uomini più ricchi del mondo, ha firmato un contratto per la produzione di 10 film a Hollywood, in molti hanno sussultato. Un miliardo di dollari, direttamente dalla Reliance Big Entertainment, il braccio armato di Ambani per quanto riguarda i media, alle case produttrici di alcuni tra i maggiori protagonisti dello star system americano: oltre a Brad Pitt, Nicolas Cage, Jim Carrey, George Clooney e Tom Hanks.
L’inedita alleanza fa comodo a tutte le parti in campo: le major a stelle e strisce soffrono ormai da mesi della mancanza di liquidità legata alla crisi bancaria; gli indiani hanno trovato uno spazio fertile in cui investire i profitti e globalizzare l’attività. Certo, difficilmente i film finanziati dalla Reliance rispetteranno i canoni di quelli che sbancano i botteghini di Nuova Delhi e Calcutta: lacrime, canzoni, danze sfrenate e l'immancabile lieto fine non saranno un obbligo. «Vogliamo produrre pellicole in perfetto stile Hollywood, che possano avere un’audience globale», ha detto al Guardian Rajesh Sawhney, presidente della Reliance. «Non abbiamo intenzione di trasportare i nostri format: piuttosto puntiamo sui contenuti».
Già negli scorsi anni, con l'economia americana che rallentava, alcuni fra i più grandi studios di Hollywood, dalla Disney alla Sony, si erano legati a società indiane, con le casse piene grazie al boom economico del PAese, ma il nuovo accordo raggiunto dalla Reliance fa apparire insignificanti tutti i contratti precedenti. I progetti, infatti, sono decisamente ambiziosi. «Il nostro obiettivo è di esaminare almeno una trentina di sceneggiature entro due anni - ha spiegato Sawhney - Di queste trenta, 10 saranno prodotte e finiranno nelle sale di tutto il mondo. E questo è solo l'inizio della nostra collaborazione con Hollywood».
La forbice fra i due grandi giganti cinematografici però, rimane ampia, specialmente in termini di fatturato e c'è già chi ipotizza che con questa mossa Bollywood voglia carpire i segreti della rivale. Coi suoi 1000 film all'anno, infatti, il cinema indiano arriva a fatturare circa 2 miliardi di dollari, mentre i produttori americani, con 500 film, incassano 10 volte tanto. Uno dei motivi per la mancanza di successo delle produzioni dell'ex colonia britannica è che i tradizionali studi di Bollywood sono aziende familiari, più concentrate nello scoprire talenti che nel trovare buone sceneggiature o grandi budget. Un panorama che la Reliance è intenzionata a cambiare: oltre all'accordo con le case produttrici, la compagnia ha anche intenzione di aprire 220 cinema nell’America del Nord per trasmettere e promuovere i suoi film.


Non tutti hanno visto con favore questa mossa: se da un lato c'è chi, come Komal Nahta, direttore del Film Street Journal di Bombay, ritiene che questa mossa porterà al matrimonio fra due culture, dall'altro c'è chi teme un progressivo appiattimento dei film di Hollywood e Bollywood su un solo copione.

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