Margherita pigliatutto in Rai e a Cinecittà

Andrea Piersanti

In prospettiva c'è anche la Rai dietro alle pigre polemiche per il ricambio ai vertici di Cinecittà. Rutelli ha occupato il cinema pubblico dopo una lunga trattativa con Ds e Rifondazione conquistando per la Margherita uno spazio che da sempre è considerato appannaggio dell'ala più estrema del centrosinistra. Ma il gesto di Rutelli (che lo ha fatto subito ribattezzare con fantasia romanesca «Ciccioduro», al posto del «Cicciobello» che lo tormenta da anni) è destinato a cambiare le regole del gioco più di quanto si possa adesso immaginare.
Lo avevamo già scritto alcune settimane fa: lo scontro fra il centro e la sinistra della nuova maggioranza di governo passa anche dai mass media. I Ds intanto si sono divisi in correnti, come mai era successo prima, e, tra fassiniani, dalemiani, veltroniani ecc., nel caso delle nomine di Cinecittà si sono dimostrati incapaci di fare fronte comune per difendere le posizioni. La Margherita, inaspettatamente compatta, ha così avuto gioco facile nello stravincere la prima mano nel risiko delle poltrone. Lo ha notato un osservatore al di sopra di ogni sospetto come Citto Maselli. Il regista, comunista da sempre, si è lamentato per le scelte di Rutelli in quanto non coerenti con il programma dell'unione. Si era deciso di rientrare nel cinema con persone competenti, invece sono arrivati solo dei politici di lungo corso che con il cinema hanno poco a che fare, ha detto Maselli. A titolo personale, ha aggiunto.
Già, perché l'associazione degli autori, l'Anac, da sempre schierata a sinistra e di cui Maselli è leader storico, ancora non si è espressa ufficialmente. Un silenzio imbarazzato che mostra bene la profondità della lacerazione provocata a sinistra dalle decisioni di Rutelli. Ds e Rifondazione si sono dovuti accontentare di un paio di strapuntini ai vertici del cinema pubblico (i posti che sono stati loro assegnati con sapiente regia sono proprio quelli che non contano), mentre la Margherita ha occupato i veri posti di comando.
Una rivoluzione o comunque almeno una novità rilevante nella storia del rapporto empatico che la sinistra da sempre coltiva con il cinema. Una novità che sembra legata a filo doppio con gli altri segnali che emergono in questi giorni e che riguardano la Rai e lo scontro fin troppo annunciato fra il festival di Venezia (rutelliano) e il festival di Roma (veltroniano). Venezia ha annunciato un programma in cui è sembrata troppo forte la presenza della Rai. Tanto da indurre la Medusa film, per protesta, a ritirare l'unico film che era stato selezionato. Veltroni sarà indotto a raccogliere la sfida e presto potremmo leggere nel programma del festival romano i segnali di un'alleanza dalle prospettiva politiche vertiginose con l'azienda cinematografica guidata da Giampaolo Letta. Perché niente alla fine sembra essere stato lasciato al caso.
Lo spazio che Rutelli ha conquistato nel cinema è infatti solo la punta dell'iceberg di una strategia politica di occupazione del sistema mediatico italiano. Con Gentiloni (Margherita) al ministero della Comunicazioni e due uomini come Cappon e Leone (da sempre considerati molto vicini alla parte più centrista della nuova maggioranza) ai vertici della Rai, Rutelli sta mettendo in seria difficoltà Ds e Rifondazione.

Se quello che è successo a Cinecittà è solo l'inizio, è facile immaginare che la prossima campagna autunnale per le poltrone Rai lascerà sul campo morti e feriti proprio nella parte più estrema e radicale del Governo.

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