Monica Bottino
da Genova
«Dicono che la bambina in Bielorussia ha un fratello che laspetta. È vero che Maria ha un fratello: noi speriamo proprio che glielo facciano vedere perché se non fosse stato per noi oggi non lo riconoscerebbe nemmeno». Ha un filo di voce Chiara Bornacin, mentre pensa allaltra notte. Lultima, la più terribile. Quella della sconfitta. Alessandro Giusto si sfoga, uscendo di casa per lennesima corsa dagli avvocati: «Il mio Paese mi ha tradito, lo Stato italiano non ha saputo difendere una bambina indifesa. Nessuno si è mosso. Ho perso la fiducia nella giustizia».
Chiara è su a casa. «Lhanno portata via, nel freddo di Minsk, senza nemmeno lasciarle fare le valigie con i suoi vestiti pesanti - dice -. Lhanno portata via con i bermuda delle Winx che le piacevano tanto e avevamo comprato questestate... ma lassù fa freddo».
Seduta sul letto, gli occhi gonfi di pianto. Sono le undici del mattino e Chiara Bornacin non trova la forza di alzarsi. Il marito Alessandro è dagli avvocati, la mamma a casa. La suocera, quello scricciolo di donna con un coraggio da leone, le accarezza la testa. La battaglia è durata settimane, adesso è solo il momento di chiudersi a ricordare. «È finita, non la vedremo più... - sussurra la nonna, Maria Bordi, ingoiando le lacrime -, come si sentirà adesso? Mi diceva: Venite anche domani nonne, vero? Venite?... Voglio andare a casa dalla mamma e dal papà... perché non mi portano a casa?.... Labbiamo abbandonata... si sentirà tradita». Nellappartamento al quinto piano cè un silenzio pesante. Rotto solo dal campanello del portone pigiato a ripetizione dai fotografi. Chiara fissa le gocce di pioggia sul vetro. E sfoglia lalbum dei ricordi, lestate dei Mondiali con Maria che fa il tifo per lItalia e sventola la bandiera bianca, rossa e verde. Le vacanze al mare. E anche la voglia di insegnarle ad amare comunque la Bielorussia, il suo Paese. Dove Maria ha un fratellino più grande di due anni.
«Sappiamo che se non fosse stato per questo bambino meraviglioso Maria non sarebbe viva», si sfoga Chiara. Lui aveva sette anni e lei poco più di quattro quando stavano ancora con la madre. «Le maestre ci hanno raccontato la loro vita, Maria aveva una maestra buonissima nel primo istituto dove fu portata a quattro anni. Quando la conoscemmo fu quella donna a raccontarci la storia di Maria», prosegue Chiara. Una storia fatta di abbandono, perché la mamma di Maria e Ivan era una ragazza madre, sola e alcolizzata. Quando la bambina piangeva, lei le infilava in bocca la bottiglia della vodka. E allora era il fratello a dire «mamma, no... ti prego». Il bambino fu trovato diverse volte a rubare nei negozi cose da mangiare da portare alla sorellina. Quando non riusciva, rovistava insieme a lei nella spazzatura, in cerca di qualche avanzo. Ma fu così che la salvò dalla morte, in quegli anni quando stretti come due cuccioli dormivano sotto i camion del deposito che avevano vicino a casa. Perché come due randagi sentivano il calore del motore spento dopo un lungo viaggio e superavano la notte gelida di Minsk. «Una volta - racconta Chiara -, Maria vide un gatto che si riparava dalla pioggia sotto una macchina. Mi disse: povero gatto, mamma lui proprio come me...». Alla morte della madre i due fratelli furono separati, ma si trovavano in due «internat» vicini e per un certo periodo di tempo grazie al buon cuore di qualche maestra il sabato o la domenica venivano fatti incontrare. Fino a quando Maria non fu trasferita lontano, a Vilejka, appunto, visto che era considerata ritardata a causa dei disturbi del linguaggio. Infatti dopo la sua nascita le condizioni della madre si erano aggravate e la donna non rivolgeva alla piccola nemmeno la parola. Maria, una volta in istituto, non parlò per un anno.
«Ci abbiamo messo tre anni a farle recuperare il rapporto con la mamma - dice Chiara Bornacin -, lei diceva mamma cativa ma noi le abbiamo fatto capire che la sua mamma era solo malata. E così le è anche venuto il desiderio di visitare la sua tomba, ma non labbiamo mai trovata».
Poi, grazie alle ricerche sul cognome, la famiglia Giusto è riuscita a rintracciare il fratello di Maria, ospite anche lui in una famiglia sarda, per le vacanze. «Siamo andati a Cagliari e lo abbiamo preso con noi per dieci giorni - racconta - abbiamo girato tutta la Sardegna e mentre il maschietto si ricordava della sorella, lei non lo ricordava bene. Eppure è proprio grazie a lui se Maria è sopravvissuta». Ora Ivan si trova in una famiglia bielorussa, studia ed è amato. E potrebbe essere una buona soluzione anche per la bambina quella di trovare grazie al fratello il calore di una casa e non restare in istituto.
«Dicono che noi le facevamo odiare il suo Paese - si sfoga Chiara Bornacin -. Io mi sforzavo di imparare il bielorusso, basta andare di là nella sua stanza per vedere i libri che le compravamo in bielorusso. Il problema è che lei accostava il suo Paese alle terribili violenze subite...». Maria amava lItalia e il calore dellamicizia che aveva trovato qui. LItalia lha tradita. Anche attraverso le persone più insospettabili.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.