Marino Marini, l'arte torna al Pirellone

Fino all'8 agosto una nuova mostra con 53 opere tra incisioni e litografie

Dopo il successo della mostra "Dipinti lombardi dal Rinascimento al Barocco" e dell'Artbox - che dal 3 dicembre 2009 al 25 aprile di quest'anno sono stati visitati da 12.000 persone - il Palazzo Pirelli, sede della Regione Lombardia, ospita un nuovo evento culturale. Fino all'8 agosto ospita infatti la mostra "Marino Marini - Segno e colore nell'opera grafica". L'esposizione presenta cinquantatre incisioni e litografie di Marino Marini, che testimoniano la ricca produzione dell'artista, coprendo un arco di più di trent'anni (dal 1946 al 1980). Marino Marini inizia già all'Accademia di Firenze, nei primi anni Venti, a interessarsi all'acquaforte, mostrando fin da subito quella sicurezza del segno che contraddistingue la sua opera dipinta. Ma è in Svizzera, nei primi anni '40, rifugiato durante la guerra, che inizia a lavorare alla litografia, una tecnica nuova, in cui si dimostra capace di ottenere risultati autonomi e sorprendenti. "Vogliamo ricordare questo artista a 30 anni dalla sua scomparsa attraverso le sue opere - spiega il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni - perché crediamo che costituiscano una grande testimonianza del desiderio dell'artista, dell'uomo moderno, di andare oltre. Le sue sculture, così come le incisioni ci mostrano come la vita, attraverso la sua rappresentazione artistica, possa prendere forme infinite. E ci ricorda anche come l'opera d'arte e l'uomo coincidano, lasciando un prezioso insegnamento a tutti noi e quanti coltivano la passione per la bellezza". "La mostra di Marino Marini - sottolinea Formigoni - prosegue il ciclo di eventi artistici di alto profilo che Regione Lombardia porta avanti ormai da tempo, con l'obiettivo di valorizzare non solo il patrimonio d'arte che gli appartiene, (come per l'evento 'La Regione dà luce all'arte'), ma anche gli artisti che hanno scelto il nostro territorio come luogo di ricerca contribuendo a renderlo più grande, più bello". Apre cronologicamente la mostra l'acquaforte "L'impiccato" (con cui l'artista torna nel 1946 all'incisione dopo le prime esperienze giovanili degli anni '20), un soggetto che allude esplicitamente agli orrori della guerra, dal segno "secco, arido, crepitante". Parallelamente alla scultura, è negli anni '50 che, anche nella grafica, lo stile di Marino Marini matura e si definisce: "I cavalieri - afferma l'artista - sempre più imponenti, hanno perso il loro antico dominio sull'animale e le catastrofi che li colpiscono sono simili a quelle che distrussero Sodoma e Pompei. Io cerco dunque di simboleggiare la fase ultima della decomposizione con un mito, il mito dell'uomo eroico e vittorioso, dell'uomo di virtù degli umanisti". "Il segno così - scrive Mario De Micheli nella prefazione al catalogo ragionato della grafica - si va facendo più ricco e vario, assumendo la deformazione, talvolta fortemente espressionistica, come metodo figurale: ora tende all'essenzialità, prediligendo la linea pura, ora invece s'abbandona d'impulso all'intrico e alla macchia; sempre, comunque, con una assoluta padronanza stilistica dell'invenzione". La visione del mondo e dell'uomo di Marino Marini si fa negli anni sempre più drammatica: le linee si spezzano, i contorni si stilizzano, il segno si deforma. I Guerrieri e i Gridi degli anni '60 sono immagini in cui cavallo e cavaliere giacciono come ridotti a fossili, senza vita. L'uomo è disarcionato, a simboleggiare la sconfitta dell'umanesimo, l'impossibilità ormai di dominare la natura. Ma accanto alle immagini tragiche, continua fino alla fine a popolare il suo mondo di pomone, di teatri, di cavalli, di maschere, di colore ed esuberanza di vita Al segno stilizzato e al bianco e nero l'artista affianca poi il colore, introdotto nella litografia in larghe campiture, pure e unite.

Sono queste le opere degli anni '70, una "sorta di crescendo - scrive ancora De Micheli - il suo segno scatta repentino, fluente e sottile, o s'arricciola, s'infittisce, s'infosca nel contrappunto di un colore che squilla di rossi, di verdi, di blu, di gialli, ma che sa trovare i suoi effetti persuasivi anche nell'oro e nell'argento, quando non si fa notturno, di un nero morbido e felpato, o di un lucido ebano. Così Marino sapeva coniugare la coscienza della tragedia, della minaccia incombente, con l'incoercibile aspirazione alla felicità che vive in ogni uomo".

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