Il candidato a speranze zero per la segreteria del Pd, Ignazio Marino, nulla capendo di politica si è dato al moralismo e alle comparse tv. Con cadenza quotidiana, il noto trapiantologo di fegati discetta sui teleschermi delle magagne altrui. Due sere fa, a Matrix, si è detto convinto che il Cav abbia corrotto i giudici per la faccenda Mondadori. «Ma dallaccusa è stato assolto», gli è stato obiettato. «Per prescrizione. Non vale», ha replicato con tono virtuoso da madonnina infilzata. Chiaro che non sapesse di cosa parlava ma purtroppo nessuno glielo ha fatto notare. Il Cav infatti era stato assolto in primo grado e in Appello, essendo decorsi i termini, è scattata la prescrizione senza entrare nel merito. Per cui resta una sola sentenza sulla corruzione: quella che lha esclusa. I fatti sono questi, mentre i dibattiti tv sono per spararle grosse.
Nella gara interna del Pd, tra il praticone Bersani e linvasato Franceschini, il professore si è ritagliato la parte del laico giustizialista. Laico perché, nonostante si dica cattolico, ha fatto una proposta sul testamento biologico che fa a pugni con la Chiesa: sia il morituro a scegliere il proprio destino, compresa la sospensione della nutrizione artificiale. Giustizialista perché come un Di Pietro, sia pure italo parlante e di tratto vaporoso, affida alle toghe la salvezza del Paese. I suoi fan sono della stessa pasta dei Travaglio. Ecco la prosa di uno di loro, tratta dal blog del professore: «Mentre Franceschini e Bersani stanno lì a contare tessere, Marino sta immaginando unItalia inimmaginabile: quella in cui la bravura conta più delle amicizie... in cui le rendite di posizione contano finalmente un c...zo». Stile a parte, saremmo tutti daccordo.
Marino però è davvero questo? Per quanto riguarda gli altri, pare di sì. Il prof presiede la Commissione parlamentare d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale. Per assicurarsi che i suoi consulenti siano incensurati ha posto la condizione che debbano presentare il certificato penale prima di iniziare la collaborazione. In questo, è più severo di Di Pietro che tra i suoi ha diversi pregiudicati.
Le cose si ingarbugliano quando è lui in gioco. Il fan del blog pensa che nell'Italia mariniana scompariranno le raccomandazioni. Invece, guarda caso, Ignazio è in Parlamento perché ce lo ha portato di peso Max DAlema. I due sono amici per una questione di malattie familiari. Fu Max, tre anni fa, a fare tornare il prof dagli Usa dove lavorava per candidarlo al Senato. Marino si tuffò. Fu messo in lista a Roma nel 2006 e affidato alle cure personali di Goffredo Bettini, cacicco del Pds romano. Segno che Max voleva per lui una carriera coi fiocchi. Fu eletto e, in qualità di cocco di Baffino, divenne allistante presidente della Commissione Sanità. Con le stesse modalità fu riconfermato nel 2008. Confrontando la Navicella (il manuale con le biografie dei deputati) delle due legislature si può notare che in quella del 2006 il prof conosceva solo linglese. In quella del 2008 si dichiara anche ibero parlante. Come dire che nel biennio, nonostante gli impegni, ha imparato lo spagnolo. Un fenomeno alla Di Pietro che si laureò in tre anziché in quattro anni.
Vi chiederete perché essendo così amico di DAlema gli abbia fatto il dispetto di contrapporsi al suo pupillo Pierluigi Bersani per la guida del Pd. Prima di farlo, in realtà, gli chiese il permesso. In un primo momento, Max gli disse di no. Poi quando, oltre a Franceschini, scese in gara anche Chiamparino, Baffino cambiò idea e incoraggiò il prof a presentarsi con lobiettivo di creare casino e, sotto sotto, favorire Pierluigi. Ma di lì a poco il sindaco di Torino ritirò la candidatura e Baffino tornò alla carica ingiungendo a Ignazio di riaccucciarsi. A quel punto era però tardi e il prof rifiutò. Corsero parole grosse e Ignazio si liberò dalle minacce dellamico dicendo: «Passo la mia vita tra fegati e sangue, figurati se posso avere paura». E fu il gelo.
Tutti ricordano che nel mezzo della lizza, scoppiò in luglio lo scandalo della fatture gonfiate dal professore. Sette anni fa Marino operava in una clinica palermitana, Ismett, finanziata dallUniversità americana di Pittsburgh. Improvvisamente, il rapporto si interruppe e oggi il prof opera a Verona. Il Foglio rivelò il retroscena pubblicando la lettera inviata a Ignazio dal numero uno dellateneo Usa. «Abbiamo scoperto - scriveva il prof. Jeffrey A. Romoff a Marino - che lei ha deliberatamente e intenzionalmente chiesto una dozzina di volte i rimborsi spese sia a noi che alla Ismett di Palermo». Il doppione fu quantificato in ottomila dollari. Ignazio reagì indignato dicendo che lettera era «una normale corrispondenza di fine collaborazione». La «normalità» non fu chiara a nessuno e nacque un putiferio allinterno del Pd. Marino allora fece sapere che lui non aveva mai rubato, che era stato lui stesso a segnalare allamministrazione disguidi e che aveva lasciato lIsmett perché si tramava contro di lui. Di fatto, non ci si capì più nulla e Ignazio, in nome della libertà di stampa, annunciò querele contro il Foglio e altri giornali.
Bersaniani e fanceschiniani alimentarono lo scandalo perché avevano il dente avvelenato contro il prof per una vicenda di pochi giorni prima. A inizio luglio, Ignazio aveva infatti detto che nel Pd «cera una questione morale enorme». Si riferiva allarresto a Roma di un presunto stupratore che era anche coordinatore di un circolo Pd. Mettere insieme letica del partito con le gesta di un maniaco era, obiettivamente, troppo. Ma il prof è fatto così: puro e duro. Se si tratta degli altri. Rosy Bindi sentenziò: «Marino non ha né il cuore né lintelligenza per dirigere il Pd».
Inquadrato il politico, resta da dire delluomo. Nato a Genova 54 anni fa, rampollo di un siciliano e di una svizzera, Marini si è laureato in chirurgia allUniversità Cattolica di Roma dove vive con moglie e figlia. Ha trapiantato 650 fegati.
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