Marisa Bulgheroni nel paesaggio dei sentimenti

«Un saluto attraverso le stelle»: vite e sogni di tre sorelle durante la guerra resi con toni troppo melodrammatici

Il primo romanzo di Marisa Bulgheroni, Un saluto attraverso le stelle (Mondadori, pagg. 248, euro 17) ha il titolo tratto da un verso di Anna Achmatova e in copertina una bella foto di ragazza con foulard verde acqua e foulard rosso, quasi sorridente, seduta su una barchetta. Il paratesto, oggi più che mai di moda, è azzeccatissimo, perché annuncia il libro giusto per quel che è: la narrazione di una vita di donna, inframmezzata da citazioni di poeti (in esergo a ogni capitolo), in cui i corsi d’acqua, i laghi e il cielo hanno un ruolo centrale.
La giovane donna è Isabella, dichiarato alter ego dell’autrice. Con lei si muovono in scena due sorelle più o meno coetanee, nello scenario poco raccontato del lago di Como fra il 1943 e il 1945. A quel tempo, le giovani hanno un padre - il Capitano - nell’esercito, s’innamorano con la facilità dei vent’anni (e anche meno) di soldati d’ogni nazione e vedono scorrere sotto i loro occhi la fine tragica del fascismo e la nascita, assai difficoltosa, della nuova Italia. Bulgheroni si pone, in questo libro, il non facile compito di incrociare le vicende personali di donne con i grandi fatti della storia. L’impresa riesce, perché l’autrice, cui si deve fra l’altro il notevole «Meridiano» di Emily Dickinson, controlla bene il dipanarsi delle varie trame. I personaggi in scena sono molti, ma non si ha la sensazione che sian troppi. Di alcuni si vorrebbe che restassero di più: per tutti Giuliano, primo grande amore di Isabella, o Galeazzo Ciano, che occupa cinque pagine davvero commoventi.
Dove la sorveglianza è meno attenta, anche a Marisa Bulgheroni scappa di scrivere in «donnese»: qualche lieve eccesso di melodramma, punto di vista esterno ma del tutto parziale, un po’ di sentenziosità, aggettivi sovrabbondanti. Ma di questo libro va ricordata forse soprattutto la cura nei dettagli. Ciascuno dei 15 capitoli è, per esempio, aperto da un esergo poetico, a sua volta richiamato nel titolo del capitolo medesimo. Non che soltanto d’effetto («Amore gioca», «Nella bufera di rose», «Dalla felicità io non guarisco»), il risultato è quello di accompagnare la lettura con un basso continuo di grazia non melensa.
Ulteriore merito dell’autrice è il nutrire simpatia spiccata per la voce narrante di Isabella - ovvio, è la sua, le vicende narrate sono grosso modo quelle che lei stessa ha vissuto e sofferto - evitando però che le altre figure assumano le vesti del fondale. Più che tutto, però, Un saluto attraverso le stelle è un romanzo in cui il paesaggio, grande dimenticato dalla narrativa italiana recente, torna a giocare un ruolo determinante.

Non soltanto il cielo, richiamato nel titolo, ma anche il deserto nei racconti dei soldati che variamente incrociano le esistenze delle tre sorelle, e poi beninteso il lago di Como, non esente da inevitabili suggestioni manzoniane.
È possibile, forse è anche augurabile, che questo rimanga il primo e unico romanzo di Marisa Bulgheroni: con tutte le sue lievi imperfezioni, è infatti un risultato del tutto compiuto.

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