Emanuela Fontana
da Roma
La giustizia sportiva si è abbattuta nel modo più duro sulle squadre incriminate per Calciopoli e, dal punto di vista politico, si è registrata di conseguenza la sconfitta dei garantisti e di chi aveva invocato una mano più leggera dopo la vittoria della coppa del Mondo, appena sei giorni fa. Il tifo nei minuti prima della sentenza era trasversale, perché le «curve» calcistiche spesso non corrispondono a quelle politiche e la testimonianza in carne e ossa di questa rottura degli schemi è il milanista Fausto Bertinotti.
Con una sentenza così dura non cè però più spazio per ipotesi di clemenza, è sicuro il sottosegretario allEconomia Paolo Cento in riferimento alle ipotesi di amnistia circolate nei giorni corsi in ambienti politici: «Il rigore di questa sentenza nei confronti dei colpevoli di Calciopoli spazza via ogni ipotesi di amnistia». Il sottosegretario dei Verdi entra a gamba tesa su Silvio Berlusconi anche nel giorno più nero del calcio italiano: «Le sentenze vanno rispettate. Anche quella del Milan che, in confronto alle altre, è più lieve: credo che le pressioni di Berlusconi abbiano dato i loro frutti».
Lapprovazione, e la disapprovazione per la punizione «esemplare» sono assolutamente bipartisan: «Una sentenza giusta, innanzitutto perché non cè stata l'amnistia, in secondo luogo perché è stato punito un calcio che aveva portato tanta delusione in milioni di tifosi», dichiara a caldo il portavoce di An Andrea Ronchi.
I politici milanisti, però, rivendicano una sentenza troppo dura con lunica squadra che rimane in A, ma che perde un anno, più un altro quasi certo, di coppe e vetrina europee: «È un atto di ritorsione nei confronti del Milan e di Berlusconi, ora speriamo nellappello - dice duro lex ministro del Welfare Bobo Maroni -. In un certo senso è come se ci avessero mandato in B senza nemmeno la soddisfazione di poter risalire». Una «beffa per il Milan» secondo il governatore della Lombardia Roberto Formigoni. «Prima i campionati erano falsati da Moggi, ora per due o tre anni da un eccesso di giustizialismo», dice Fabrizio Cicchitto, coordinatore di Forza Italia. Ma la ghigliottina dei giudici sportivi è stata troppo brutale anche per un politico di centrosinistra: «La sentenza della giustizia sportiva è squilibrata e ingiusta perché punisce assai più le società che non i singoli responsabili degli illeciti», sostiene Pierluigi Mantini, dellUlivo. Il ministro Giovanna Melandri, tifosissima della nazionale, ha preferito non parlare: «Le sentenze non si commentano». Ma per il diessino sindaco di Firenze Leonardo Domenici la sentenza è stata «non giusta per Firenze e per la Fiorentina».
Se An ha una chiara posizione ufficiale, i singoli però dissentono in alcune sfumature. E così, secondo il capogruppo alla Camera Ignazio La Russa, forse sarebbe stato meglio «punire di più, magari economicamente, le società, e meno i tifosi». Lo juventino Altero Matteoli parla di una «decisione frutto di una cultura forcaiola». Per linterista Armando Cossutta (Comunisti italiani) «la Juve doveva essere retrocessa in C e il Milan in B». Il giustizialista Antonio Di Pietro è forse lunico a sostenere che la decisione è stata invece troppo soft: «È una sentenza da rispettare e che poteva essere più dura».
Già alcune ore prima della conclusione della camera di consiglio allo stadio Olimpico, il premier Romano Prodi aveva chiarito il suo pensiero, e in un certo senso era stato una Cassandra. Chi ha sbagliato deve pagare, indipendentemente dal fatto che siamo campioni del mondo: «Se le squadre o alcuni che gestiscono le squadre hanno commesso errori e sono stati colpevoli, devono pagare - ha spiegato in unintervista allagenzia Reuters -.
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