Maroni ora fa la voce grossa: il Pirellone torna a traballare

Salta la giunta. Forza Italia: «Non è un monocolore leghista» Fnm, Pedemontana, sanità e sussidi tra le questioni contese

Alla vigilia del voto, la tensione è alle stelle anche in Lombardia: è saltata la giunta regionale che era convocata per ieri pomeriggio. È stato il presidente Roberto Maroni a rinviarla al 5 giugno, esasperando gli animi già agitati di Forza Italia. «La Lombardia non è un monocolore della Lega» attacca la coordinatrice regionale, Mariastella Gelmini, lamentando un'assenza di concertazione ormai totale. E il capogruppo al Pirellone, Claudio Pedrazzini: «Sono già saltati tanti vertici di maggioranza, così Maroni smonta una maggioranza che gli è stata più che leale». Inquietudine anche in Ncd. Dice il capodelegazione, Mauro Parolini: «Voler far pesare in Lombardia quel che accadrà in altre regioni mi sembra stravagante».

Il punto è che Maroni è di tutt'altro avviso. «Se Forza Italia scende e la Lega diventa il primo partito, è obbligatorio riscrivere il centrodestra» ha detto il presidente leghista, convinto che arriverà il sorpasso e che questo debba avere un impatto anche a livello locale. Gli alleati ritengono che cerchi sponde nel Movimento 5Stelle e nel Pd per mettere sempre più in angolo Forza Italia e Ncd e così governare da solo. Maroni sfoggia decisionismo anche all'interno del suo partito. «O esegue le indicazioni della Lega o si fa da parte» ha detto al leghista Fabrizio Cecchetti, reo di aver votato a favore del patrocinio della Regione al Gay Pride nonostante le indicazioni contrarie del Carroccio.

Numerose le questioni in cui Maroni si è smarcato da Forza Italia e Ncd, azionisti di riferimento dell'attuale consiglio regionale, e si comporta come un uomo solo al comando. Temi politici e anche nomine, non ultima quella compiuta ieri dal consiglio dei soci della Pedemontana, che ha scelto come presidente Massimo Sarmi, l'ad di Serravalle, uomo di fiducia di Maroni, a lungo ai vertici delle Poste. Il cda (che durerà un solo esercizio) è stato ridotto da cinque a tre componenti: accanto a Sarmi, che secondo fonti autorevoli si prepara ad accentrare deleghe operative importanti da ad, Ester Sala, direttrice amministrazione e finanze di Serravalle, e Galliano Di Marco, indicato da Banca Intesa. Ora partirà, attraverso la valutazione dei curricula , la ricerca del direttore generale.

Lo «schiaffo», ovvero l'esclusione di Stefano Maullu, che era stato proposto da Forza Italia, oltre che dell'ex presidente Salvatore Lombardo, arriva all'indomani della sostituzione ai vertici di Ferrovie Nord, dove neo presidente è il leghista Andrea Gibelli. E anche nel nuovo organigramma della Fiera, gli azzurri lamentano che il loro ruolo è risultato molto marginale.

Non solo incarichi. Numerosi i temi politici su cui i dissensi sono profondi, «fughe in avanti di Maroni» per dirla con gli alleati preoccupati. Prima questione la riforma della Sanità. L'intenzione di Maroni - secondo Forza Italia - è accelerare e chiudere entro la fine dell'estate, accorpando Welfare e Salute, affidando il mega assessorato alla leghista Cristina Cantù (ridimensionando così l'azzurro Mario Mantovani) e rivedendo il sistema in senso più statalista, cioè contenendo la libera scelta tra pubblico e privato che ne è uno dei cardini.

C'è poi il reddito di cittadinanza. Maroni l'ha proposto e Forza Italia gli contesta non solo che non faceva parte del programma, ma anche di cercare altre maggioranze (con Pd e 5Stelle) e soprattutto di usare il tema come un modo per spostare fondi dall'assessorato al Lavoro, in mano all'azzurra Valentina Aprea, verso l'assessorato al Welfare, che è appunto in mano alla Lega. Soldi e diversa visione politica, se cioè investire risorse in corsi di riqualificazione oppure in un'assistenza diretta ai disoccupati. Sotto osservazione speciale, poi, il futuro delle aree nel dopo Expo.

Anche qui, l'accusa a Maroni è di voler decidere tutto da solo.

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